Un laghetto limaccioso, dai fondali inesplorabili, che leggende metropolitane dicono abbia inghiottito persino il cadavere di un morto ammazzato. Il paesaggio da Blade runner di...
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Cava di Riconta è uno degli antri malefici, nello scenario spesso inquietante della terra dei fuochi o dei veleni, come viene definita in alternativa. Già luogo di raccolta rifiuti autorizzato, chiuso otto anni fa ha ereditato un condensato di paludoso percolato da bonificare. C'è un impegno della Sapna, società ambiente dell'area metropolitana napoletana, a rendere innocuo il frutto liquido e velenoso dei rifiuti attraverso una tombatura, che nell'inglese di moda diventa «cupping», dell'area. Sarebbe una copertura, in questa zona riconvertita da discarica rifiuti a luogo di smaltimento del percolato: 50 metri cubi al giorno, che un progetto della Sapna vorrebbe ampliare a 500 metri cubi.
Naturalmente, il comune di Villaricca è contrario e la questione ha partorito un'altra commissione speciale, stavolta del consiglio comunale locale. Che così motiva il suo no: «Il decreto del 2007 prevede, nell'area compresa tra i comuni di Giugliano, Villaricca, Qualiano e Quarto, il divieto di nuovi siti di smaltimento rifiuti, se prima non verranno realizzati interventi di riqualificazione e bonifica. E non ci sembra che sia avvenuto». E qui si apre la nota dolente, l'alfa e l'omega di tutti i dibattiti sulla terra dei fuochi: le bonifiche del territorio che segnano il passo. Questione di soldi, di volontà, di procedure?
Mario De Biase, commissario governativo per la bonifica del territorio nelle aree di Giugliano e Castelvolturno, ha le valigie pronte. A fine mese, scade il suo mandato e c'è incertezza sul suo incarico. Spiega proprio De Biase: «C'è un ventaglio di ipotesi, come una proroga del mandato di un anno, o il passaggio di carte e compiti alla Regione. Attendo direttive ufficiali».
Di fatto, al momento, l'unico commissario per le bonifiche, al lavoro proprio nel territorio considerato tra i più inquinati, si è arenato tra contenziosi amministrativi di aziende escluse nei lavori di risanamento e ostacoli. Eppure, ha competenza su 220 ettari di discariche da risanare, dove si ritrovano nomi e luoghi famigerati come la ex Resit, la Novambiente di Vassallo, Masseria del Pozzo-Schiavi, Eredi Giuliani, Cava Giuliani e Ponte Riccio, insieme con l'area agricola di San Giuseppiello. Aggiunge De Biase: «I siti inquinati da bonificare sono cinque. È chiaro che i problemi inquinanti principali al momento sono i biogas, che vengono sprigionati dai rifiuti interrati. Vanno tombati e i 50 milioni a disposizione basterebbero. Ma devo sapere se posso andare avanti».
Sembra assurdo che, mentre ci si divide sulla pericolosità dei rifiuti e dell'inquinamento sulla salute di chi da queste parti ci vive, la bonifica incontri mille impedimenti. Cavilli. Come a dire: so che è quella la soluzione, ma non può andare avanti se non è tutto formalmente a posto. Che significa ricorsi al Tar delle ditte, interventi dell'Autorità anticorruzione, discussioni sui contratti con le aziende. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino