Tredicenne pestato dai bulli: a scuola non vado più. I genitori: nessuno ci aiuta

Tredicenne pestato dai bulli: a scuola non vado più. I genitori: nessuno ci aiuta
Pomigliano. «Adesso ho paura, non voglio più uscire». Leandro R., 13 anni, è un alunno di terza della scuola media Mauro Leone, pieno centro residenziale...

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Pomigliano. «Adesso ho paura, non voglio più uscire». Leandro R., 13 anni, è un alunno di terza della scuola media Mauro Leone, pieno centro residenziale di Pomigliano. Leandro sta vivendo barricato in casa. Ha paura di scendere, anche soltanto di uscire dall’alloggio in cui vive con i suoi genitori, a loro volta precipitati in un incubo. Venerdi pomeriggio il ragazzino è stato pestato duramente da una gang di bulli, di qualche anno più grandi di lui. I teppistelli lo hanno atteso all’uscita dalla scuola, alle 14, dopo essere stati avvisati da un complice attraverso il telefonino, con un messaggio scritto nella chat del gruppo whatsapp della Leone. Hanno accerchiato il giovanetto in tre e lo hanno picchiato selvaggiamente, sul marciapiede di fronte alla Mauro Leone, mentre in mezzo scorreva il traffico, a pochi metri dal recinto del plesso. C’è voluto l’intervento di alcuni automobilisti per sedare il pestaggio e salvare il tredicenne. I bulli se la sono data a gambe facendo perdere le loro tracce. Ma sono stati individuati e nei loro confronti la Procura dei minori prenderà probabilmente provvedimenti.  

Poco dopo i genitori dell’ennesima vittima di bullismo hanno sporto denuncia presso la locale stazione dei carabinieri. Hanno fatto i nomi dei tre aggressori, tutti di età compresa tra i quindici e i sedici anni, e del presunto «mandante» del pestaggio, un compagno di classe di Leandro. L’ordine di pestarlo sarebbe partito da lui, via internet, attraverso una chat di whatsapp a cui sono iscritti gli alunni della media. Nella denuncia consegnata ai carabinieri e indirizzata anche alla procura dei minori, i genitori del ragazzo hanno fatto sostanzialmente scrivere dal loro avvocato, Ilaria Labate, che il pestaggio è stato preannunciato nel gruppo whatsapp della scuola. «Adesso chiamo i miei amici e ti faccio linciare», la minaccia a Leandro scritta dal compagno a seguito di una alterco tra i due consumatosi proprio in chat. Un litigio zeppo di insulti reciproci.

Comunque, detto e fatto. Anzi, scritto e fatto: una volta all’esterno della scuola Leandro è stato accerchiato da tre bulli incarogniti, più grandi di lui. È stato picchiato di brutto, a calci e pugni. Il ragazzino è caduto a terra ma i teppisti sono stati impietosi, hanno continuato a picchiare. A un certo punto alcuni automobilisti di passaggio sono scesi dalle vetture e sono intervenuti. Il loro soccorso è risultato salvifico perché i picchiatori sono scappati quasi subito. «Sul corpo e sul viso il bambino presenta contusioni – spiega l’avvocato Labate – ma quel che è peggio è che ha subìto uno choc tremendo, non vuole più andare a scuola, e che lui e la sua famiglia si sentono isolati». L’avvocato riferisce che quando i genitori si sono recati dai carabinieri non avrebbero ricevuto la dovuta collaborazione. «I carabinieri della stazione di Pomigliano – afferma la legale – hanno detto ai genitori del bambino che non potevano essere ricevuti e che dovevano stilare a casa loro la querela, per poi tornare alla stazione e consegnarla». Versioni differenti. Dal vicino comando di Castello di Cisterna viene infatti spiegato che in situazioni del genere i militari non rimandano a casa coloro che denunciano. Ad ogni modo la denuncia è stata stilata nello studio dell’avvocato dei genitori della vittima e quindi consegnata ai militari del presidio di corso Umberto, zona vecchia di Pomigliano. Leandro però vive barricato nel suo appartamento, a poche centinaia di metri da quella scuola che maledice. «Il bambino è taciturno – aggiunge l’avvocato Labate – all’inizio non voleva parlare, si vergognava. Riteneva di essere lui il colpevole del pestaggio». Secondo il legale della famiglia del ragazzino, neanche la scuola avrebbe fatto tutto il suo dovere. «Sono stati gli insegnanti della Mauro Leone – conclude Labate - a fare ai genitori i nomi di questi tre bulli. Hanno detto che “quelli fanno sempre questo”. Ma non si è fatto nulla per evitarlo». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino