Mazzette da 20 euro ciascuna per una serie di favori, come prenotazione di udienze, telefonate per conoscere l'esito dei procedimenti del Riesame o il rilascio di copie di...
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Le piccole somme di denaro venivano versate dai legali agli uscieri per prenotare le udienze (ovvero far chiamare il proprio processo prima degli altri), o per ottenere informazioni sull'esito dei procedimenti del Riesame, dopo il deposito delle ordinane in cancelleria. Dalle indagini emerse anche che alcuni commessi procuravano agli avvocati copie «informali» degli atti, per le quali cioè non venivano pagati i diritti di cancelleria. Nelle motivazioni della sentenza il gup Foschini, in sintesi, spiega che non è possibile contestare il reato di corruzione in quanto i commessi del tribunale non rivestano la qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio (qualità che nel capo di accusa non viene, tra l'altro, contestata dal pubblico ministero.
Secondo il giudice la vicenda, definita un «mercimonio», sarebbe dovuta essere sanzionata sul piano disciplinare, anche con l'intervento dell'ordine degli avvocati, ma non è comunque ipotizzabile il reato di corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino