Dipinge il pregiudizio e maschere di ferro. Quelle che indossa la gente ogni giorno o la gabbia che vorrebbe mettere sul suo viso per fermare il turpiloquio. Alfredo Troise...
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«A scuola è stato un disastro», sintetizza con quegli occhi indagatori e ironici che spuntano non solo nei ritratti. Troise vive in una casa-ufficio nella sua città d'origine. «Ad Arzano ho fatto fatica a farmi accettare, ma ora mi conoscono tutti», spiega, aggiungendo che vuole, però, trasferirsi. A Forcella. «Perché è popolare», la motivazione, e ogni frase è intervallata da una imprecazione. L'offesa non voluta può aiutare a riflettere su quella ricercata, persino ostentata. «Ho avuto l'onore di allestire una esposizione personale, il 19 dicembre, e di intervenire, il 20, alla conferenza al liceo artistico Alfonso Maria dei Liguori di Acerra, in occasione di un progetto promosso dalla Regione» dice, svelando il suo impegno contro il bullismo dopo averlo subito. Troise sintetizza in premessa «quel qualcosa che non va», perché «è la prima cosa da sapere»: «La sindrome di Tourette provoca movimenti involontari del corpo e facciali, tic che possono variare dalla ripetizione di una parola fino all'incontenibile pulsione a usare espressioni imbarazzanti o volgari, come accade a me».
Ma la «tensione emotiva» scatena la creatività: «Mozart ha sofferto dello stesso disturbo neurologico». E così Joker, che ride e fa ridere sul grande schermo, anche se soffre. «Un personaggio negativo, che non mi piace», scuote la testa Alfredo. «Credo si possa scegliere sempre: per questo, non sono andato al cinema». «Motherless Brooklyn, i segreti di una città» è invece il film di Edward Norton ambientato a New York negli anni Cinquanta. Qui Lionel Essrog lavora con un detective privato, che l'ha tirato fuori da un orfanotrofio e gli ha insegnato a usare la testa. «Una testa che rigira sempre le cose» ed «è un bel casino». Il giovane ha infatti una memoria prodigiosa e una capacità estrema di collegare i puntini ma viene trattato come un fenomeno da baraccone. Anche lui è affetto dalla Tourette.
Troise chiama il suo percorso pittorico «Anema dò Priatorio»: «Al centro c'è un uomo come tanti ma discriminato. Vittima dell'ignoranza». Lui oggi trova il coraggio di mostrarsi al mondo attraverso le sue opere, esponendo i lavori che meglio lo rappresentano e hanno continui rimandi alla sofferenza patita. Quei quadri sono anche il racconto di sguardi ossessivi, negati, sdegnosi: «Sguardi che da sempre mi tormentano, quasi come fossi io stesso un'anima del Purgatorio». Ma fino all'esplosione di colori che è la vita ed è il nulla. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino