Hanno seguito le nonne, che erano andate ad accudirli lontano da Napoli, dopo oltre un mese di latitanza. Due donne anziane, entrambe nonne paterne dei due presunti killer di...
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«Traditi» dalle nonnine, arrestati grazie a un passo falso delle donne più anziane di famiglia, che si erano recate nel covo dei due presunti killer per sostenere la loro fuga, magari per consentire loro di trascorrere le feste di Pasqua in una dimensione familiare. Ora devono rispondere di omicidio e occultamento di cadavere, nel corso di un'inchiesta in cui è stata decisiva la scelta collaborativa di Gaetano Nunziato, fino a qualche tempo fa personaggio inserito nel gruppo criminale di via Taverna del Ferro.
È stato lui a raccontare particolari raccapriccianti di questa vicenda, che ruota attorno a un episodio del 5 febbraio, quando in una zona di campagna del quartiere della periferia orientale venne trovato il corpo di Amendola, la cui scomparsa era stata denunciata da qualche giorno dai genitori. Ricordate la storia del selfie degli studenti a pochi passi dal luogo dell'omicidio? E la terribile sequenza ricostruita dal pentito? Inchiesta coordinata dall'aggiunto Filippo Beatrice, al lavoro i pm Antonella Fratello e Francesco Valentini, decisivo il controllo del territorio. Per settimane, i due ormai ex fuggitivi hanno mantenuto i rapporti con le proprie famiglie, poi tre giorni fa è avvenuta la svolta. Premiate le indagini della mobile del primo dirigente Fausto Lamparelli, ma anche dei loro colleghi di Viterbo, il blitz in un casolare di campagna. Erano senza armi, non hanno opposto resistenza. Ora dovranno rispondere delle accuse contenute in un ordine di arresto firmato dal gip del Tribunale di Napoli: stando alla ricostruzione del 23enne Gaetano Nunziato, Vincenzo Amendola viene sequestrato e condotto alle spalle di un anfiteatro abbandonato in piazzetta Aprea, a pochi passi dal corso principale. Qui, Gaetano Formicola gli punta la pistola in faccia, esplode un colpo che resta inceppato, poi lo percuote, ci riprova ed esplode un colpo che lo ferisce all'altezza dello zigomo: «Che fai - urla nella notte Amendola - mi spari in faccia?».
Nessuna pietà da parte degli esecutori, sempre secondo il racconto del pentito. Sarebbe stato ancora Formicola a finire l'opera, rimettendo in funzione la pistola, poi trovata dai sommozzatori nelle acque di Vigliena. Particolari raccapriccianti sono emersi poi dalla ricostruzione messa agli atti dal pentito: come la decisione di prendere parte alla fiaccolata organizzata da un parroco del quartiere, appena si era diffusa la notizia della scomparsa di Amendola o le fotografie autocelebrative postate su facebook subito dopo il delitto. Inchiesta tutt'altro che chiusa, anche perché - al di là delle ricostruzioni emerse dal quartiere - non è stata ancora messo agli atti il movente del delitto. Centrale in questa vicenda l'attenzione del commissariato di San Giovanni a Teduccio e degli uomini della Mobile, che hanno ricostruito tutti i movimenti dei parenti dei due giovani indagati. Decisivo il ruolo della nonna di Gaetano Formicola, moglie di Ciro e madre del boss Antonio Formicola, protagonista della sortita a Viterbo, quella che ha dato la stura al blitz di ieri pomeriggio. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino