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La prima volta che Julia ha visto il mare aveva sette anni. «Era di un blu intenso, incorniciato da una montagna e di fronte c'era un'isola così vicina da poterla toccare con un dito» racconta trent'anni dopo. Quel mare era il Golfo di Napoli, la montagna altro non era che il Vesuvio e l'isola era Capri. Julia lasciava per la prima volta il suo Paese grazie alle associazioni che dopo la tragedia di Chernobyl portavano i bambini via dall'Ucraina per trascorrere l'estate lontano dalla terra bombardata dalle radiazioni. A ospitarla nei successivi dieci anni fu una famiglia di Napoli con cui è tornata in contatto grazie ai social. Ha così ritrovato «Daria, la mia amichetta napoletana». Oggi Julia si nasconde dai militari in una fattoria a ovest di Kyiv dove invece ha una bella casa in un quartiere residenziale. «È ancora in piedi, nonostante i bombardamenti, ma ogni giorno mi chiedo se potremo tornarci».
Julia, racconti un po' di lei.
«Ho 37 anni e sono di Kyiv, circa 150 chilometri dalla centrale di Chernobyl. Avevo poco più di un anno quando è avvenuto l'incidente e quando compii gli anni necessari per i soggiorni terapeutici all'estero per disintossicare i bambini ucraini dalle radiazioni nucleari, mia madre non ci pensò due volte. Arrivai a Napoli, non sapevo neanche dove fosse. Ricordo il sole accecante, il mare, i tuffi in piscina, il caos e le risate. La famiglia che mi accolse mi ha voluto molto bene e sono contenta di aver ritrovato Daria su Facebook anni fa, perché crescendo ho pensato ad altro e ho perso i contatti. Mi sono laureata in Filologia e lavoro come traduttrice dal russo nel settore cinematografico. Sono sposata, mio marito è un manager e abbiamo due bambine. Vivevamo a Kjiv ed eravamo felici prima che accadesse questo orrore».
Ora dove vi trovate?
«In un minuscolo villaggio vicino al confine polacco.
Cosa pensa della centrale di Zaporizhia sequestrata dai russi? Ha paura che possa succedere un'altra Chernobyl?
«Sapevamo che le centrali nucleari sarebbero state un obiettivo dei russi ma nessuna di noi immaginava che arrivasse a tanto: è stato sfiorato il disastro, che sarebbe più spaventoso di Chernobyl, pericoloso per tutta l'Europa. Questo fa capire la follia di Putin».
Riuscite a trovare viveri?
«Qui il cibo scarseggia ma ci sono gli orti e le fattorie, potremmo arrangiarci. A Kjiv invece i viveri stanno finendo, molti negozi sono già vuoti e tanti non riescono a trovare farmaci. Nel giro di una settimana la capitale non avrà più sostentamento per chi è rimasto lì, i russi stanno colpendo edifici e ci sono molte vittime civili: è l'inizio del genocidio del popolo ucraino».
Vorrebbe andare via dall'Ucraina, magari tornare a Napoli?
«Vorrei davvero andarmene, ma ho paura di ciò che potrei trovare lungo il viaggio, anche perché lo dovrei fare da sola con le bambine. Per ora infatti si è richiamati nell'esercito fino a 40 anni, e mio marito avendo 45 anni è con noi, anche se ripete che vorrebbe andare a combattere ma le bambine iniziano a piangere e dicono di non lasciarle sole, così desiste. Ma quando sarà necessario, andrà, e io sono terrorizzata perché nel villaggio saremmo indifese senza lui, ci sono solo persone molto vecchie».
Cosa crede accadrà in un prossimo futuro?
«Ho fiducia nel mio popolo, gli ucraini resisteranno. Stiamo difendendo la nostra patria ma è difficile, perché se a terra le truppe ucraine resistono e scacciano i russi, il nemico resta nei cieli. La Nato deve chiudere lo spazio aereo sull'Ucraina se vuole darci un'occasione per sopravvivere. Deve fermare ora questo massacro, che diventerà anche di altri Paesi perché Putin è un folle e non si fermerà solo all'Ucraina. Se conquista noi, andrà oltre e lo ritroverete alle vostre porte». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino