Napoli, commerciante ucciso dai calcinacci in via Duomo: ​un anno dopo è tutto come prima

Napoli, commerciante ucciso dai calcinacci in via Duomo: un anno dopo è tutto come prima
Torni in via Duomo un anno dopo la morte di Rosario Padolino, la mente corre ai primi momenti concitati seguiti alla tragedia: lo sguardo sollevato verso una rete di protezione...

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Torni in via Duomo un anno dopo la morte di Rosario Padolino, la mente corre ai primi momenti concitati seguiti alla tragedia: lo sguardo sollevato verso una rete di protezione incapace di sostenere il peso del cornicione che venne giù e uccise il commerciante. Sollevi lo sguardo anche adesso, a un anno di distanza, e scorgi decine di palazzi avvolti da quelle stesse reti. Ti rendi conto che il sacrificio di Rosario Padolino è stato inutile perché la stessa tragica situazione potrebbe ripetersi in ogni momento e ad ogni passo della strada. 


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GLI INTERVENTI
Il portone del palazzo al numero 228 di via Duomo, quello dove si verificò la tragedia, è ancora avvolto dai tubi innocenti che formano un tunnel sotto al quale si infilano i passanti: meglio evitare altri rischi dall’alto, in attesa che la vicenda legale compia il suo corso. Il cornicione killer è stato interamente rimosso per scongiurare il ripetersi di tragedie simili.

Ti volti a destra e a sinistra e noti che il degrado è praticamente ovunque. Così inizia una specie di via crucis dei palazzi malmessi, con sosta e fotografia di ogni singolo edificio. Alla fine ne abbiamo contati venti di palazzi avvolti dalle fragili reti di protezione o dotati di una mantovana di ferro all’altezza del primo balcone, per raccogliere gli eventuali pezzi di facciata che rischiano di crollare sui passanti. Ci sono anche tre edifici totalmente avvolti dalle impalcature perché ci sono lavori in corso e abbiamo contato almeno cinque palazzi che “profumano di nuovo”, con pittura evidentemente passata di recente e facciate in perfette condizioni. 

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Ai tempi del Risanamento il palazzo del Museo Filangieri rischiò d’essere abbattuto. Per conservarlo si attuò un’ardito esperimento: venne spostato indietro di venti metri per non ostacolare il percorso della nascente via Duomo, così riuscì a resistere alla furia demolitrice dell’innovazione napoletana di fine ottocento. Più di cent’anni dopo quel palazzo, che è meraviglioso e antichissimo, sembra che si stia arrendendo alla furia demolitrice del degrado: fregi pericolanti nascosti dietro reti protettive, cornicione in bilico avvolto nella stessa plastica. 

Qualche passo più su, in direzione del Duomo, c’è la chiesa di San Giorgio Maggiore, anch’essa simbolo della città, ricca di storia e di arte. Anche qui, però, l’esterno è un pugno allo stomaco. Dall’alto il cornicione è nascosto da un panno di un materiale non identificabile che tiene assieme la pietra per evitare che venga giù; sul marciapiede un tunnel protetto da lastre di ferro per tutelare turisti e napoletani che passano di lì. 
 
Risalire la strada verso il Duomo, dove nel pomeriggio di ieri c’è stata una partecipata funzione per ricordare il commerciante ucciso dal crollo, impone di continuare a tenere gli occhi puntati in alto per capire fin dove arriva l’onda lunga del degrado. 

Ve la facciamo breve, ad ogni passo abbiamo incrociato un edificio con problemi più o meno evidenti, con guasti più o meno grandi. E nell’elenco ci sono pure palazzi che hanno l’ingresso altrove ma affacciano su via Duomo: all’angolo con via Tribunali, ad esempio c’è un edificio che ha i balconi avvolti per evitare cedimenti; e pure l’edificio al quale si accede da Largo Donnaregina, ma che ha affacci anche sulla strada, ha retine che l’avvolgono per evitare caduta di materiali. Perfino all’ultimo edificio, moderno, all’incrocio con via Foria, alzando gli occhi scopri che i sottobalconi più pericolosi sono stati rimossi.
 
In tutto abbiamo contato venti palazzi con rischi più o meno evidenti. Si tratta, per la maggioranza, di edifici ai quali il Comune di Napoli ha scritto chiedendo di eliminare il pericolo di cedimenti sui passanti. La maniera più immediata per ottenere il documento di “eliminato pericolo” è quella di far piazzare retine di protezione oppure mantovane di ferro. Però a quell’azione immediata dovrebbe fare seguito l’avvio di lavori di ristrutturazione che, invece, non vengono quasi mai eseguiti. Così via Duomo, come tanta parte di Napoli, si ritrova ingabbiata, imbruttita e pericolosa, perché con il passare del tempo quelle retine perdono d’efficacia.


Il sacrificio di Rosario Padolino non è servito a nulla: via Duomo continua ad essere un pericolo.
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Il Mattino