Napoli, lavori a via Marina, la dura accusa del gip: «C'era un patto tra clan e imprese»

Napoli, lavori a via Marina, la dura accusa del gip: «C'era un patto tra clan e imprese»
Un «rapporto perverso tra imprenditoria e camorra». Si inizia accettando la richiesta estorsiva, poi si accetta qualunque tipo di avance. Mai al ribasso. Anzi, sempre...

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Un «rapporto perverso tra imprenditoria e camorra». Si inizia accettando la richiesta estorsiva, poi si accetta qualunque tipo di avance. Mai al ribasso. Anzi, sempre più esosa. Passano i mesi, gli anni, si succedono i «sal» (stati di avanzamento dei lavori) del Comune, si attendono i soldi pubblici (Regione, fondi europei): se va bene, assumi un ruolo privilegiato, «blindato»; se va male, lasci tutto e te ne vai. Molli il cantiere, giri le spalle e la lunga arteria che porta a Napoli est e alle autostrade del sud resta nelle condizioni in cui si trova oggi: un cantiere eterno, immobile, costoso e velenoso per chiunque ci passi accanto. Eccola la ricostruzione del gip del Tribunale di Napoli Alessandra Ferrigno, che fa leva proprio sull’abbraccio tra imprese e camorra: «Un rapporto perverso, perché la camorra, che pretende cifre enormi sul valore dei lavori, è poi in grado di garantire all’imprenditore protezione, di assicurargli una posizione privilegiata per quei lavori». Ecco cosa è accaduto in questi anni in via Marina (ma anche in altri posti di Napoli), grazie a questo rapporto perverso tra imprenditoria e camorra, secondo quanto emerge dalle indagini che hanno condotto in cella Carmine Montescuro, 84enne «sindaco» di camorra, capace di unire attorno allo stesso tavolo boss di otto clan diversi e in guerra tra loro. Ed è uno spaccato amaro, quello che emerge delle indagini condotte dai pm Antonella Fratello e Henry John Woodcock, sotto il coordinamento dell’aggiunto Giuseppe Borrelli: richieste estorsive altissime (fino a 300mila euro), in cambio di protezione; alcune imprese che provano a gonfiare i lavori; Comune o enti locali in deficit. Default Napoli, nell’indifferenza di tutti. Zero interventi da parte degli enti locali chiamati a gestire appalti milionari.


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E c’è una intercettazione tra un imprenditore vessato (vittima, lo ripetiamo) e un direttore dei lavori per conto del Comune (estraneo all’inchiesta, ndr), che fa capire il clima. Parlano Sandro Pietrafesa, direttore dei lavori per la riqualificazione di via Marina e l’imprenditore Francesco Mattiello, in una conversazione che spinge il gip ad evidenziare due punti in particolare: «Mattiello era stato costretto a pagare una tangente complessiva, fino a quel momento pari a 40mila euro, di cui gli ultimi 10mila la settimana precedente; il secondo elemento - aggiunge il gip - è quello relativo al fatto che il direttore dei lavori del comune di Napoli era a conoscenza dei fatti criminosi e ometteva di denunciarlo all’autorità».
 

Una vicenda sulla quale interviene lo stesso Pietrafesa, tramite il suo avvocato Mario D’Alessandro, chiarendo un punto su tutti: «Non è vero che Mattiello mi ha informato della circostanza delle presunte tangenti richieste dalla camorra, non c’era neanche motivo per tenermi informato su certe cose». Doverosa a questo punto una precisazione: imprenditori e manager di volta in volta contattati dai vari camorristi in quella sorta di «sistema Montescuro» vanno considerati parti offese, al punto tale che la Procura non ha mosso nei loro confronti alcun rilievo penale. Resta però il quadro tracciato dal gip, sulla grande torta degli appalti pubblici del waterfront. 

NON SIAMO A LECCO
Basta prendere in considerazione l’intercettazione di Raffaele Caldarelli, boss delle case nuove che, parlando con il presunto complice Argano, si vanta di aver minacciato di morte l’imprenditore Francesco Mattiello: «Gliel’ho detto - urla in auto Caldarelli - qua non stiamo a Como, prima sparo a te, poi sparo a zio Vittorio». E a conferma della violenza esercitata dal presunto boss delle case nuove, c’è un colloquio tra Montescuro e il suo presunto braccio destro Nino Argano, che conferma le pressioni del racket, ma anche la decisione dell’imprenditore di sporgere denuncia: «Ho visto che quello vuole fare arrestare tutti quanti, li vuole fare arrestare, so che quelli dei Cardarelli sono andati a minacciarlo e lui disse che li faceva arrestare tutti». Una vicenda che ha fatto scattare tre indagini. Quella di due giorni fa, con i 23 arresti per camorra è solo l’ultima tappa. C’è infatti una indagine dei pm Valeria Sico e Ida Frongillo che punta a verificare la correttezza di alcuni appalti nel porto di Napoli; poi c’è un’inchiesta del pm Brunetti, che prova a ricostruire la gestione degli appalti di via Marina sotto il profilo fiscale e amministrativo. 

LE PALME

Ma torniamo al blitz anticamorra a Sant’Erasmo e dintorni. Si scopre che quelli del sistema Montescuro hanno provato a taglieggiare anche la ditta che ha piazzato le palme di via Marina. Quanto basta a capire per quale motivo gli alberi sono ancora lì, ingabbiati nelle impalcature di legno. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino