“Vita da infermieri” dopo un anno e mezzo di Covid: «Non ci spingono i soldi ma la passione»

“Vita da infermieri” dopo un anno e mezzo di Covid: «Non ci spingono i soldi ma la passione»
«Non ci spingono i soldi ma la passione per quello che facciamo e per la vita che scegliamo ogni giorno». Con queste parole Nadia e Patrizia descrivono il loro lavoro...

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«Non ci spingono i soldi ma la passione per quello che facciamo e per la vita che scegliamo ogni giorno». Con queste parole Nadia e Patrizia descrivono il loro lavoro da infermiere. Una professione che vivono come una missione verso gli altri e verso se stesse. Aiutare il prossimo per rendere migliore il presente e costruire un futuro di speranza. Soprattutto in questo periodo segnato dalla pandemia. Un anno e mezzo di dolore, rinunce e sacrifici in cui tutto è cambiato. Ma anche un anno e mezzo che ha dato loro l'opportunità di “uscire allo scoperto”. «Ora ci stanno davvero conoscendo per quello che siamo e per come lavoriamo – afferma Nadia – Per come in ogni momento andiamo incontro alle persone, mettendo da parte noi stesse e le nostre vite. A casa lasciamo famiglie e affetti da cui torniamo dopo un intero giorno di lavoro a volte estenuante. Ma il solo fatto di poterlo svolgere ci rende felici. Siamo vicini alla gente in ogni momento, rassicurandola e mettendola in guardia contro il virus. Diciamo a tutti che l'unico modo per toglierci la mascherina, è continuare a osservare le regole che abbiamo imparato a rispettare e non è vero che nessuno ci ascolta. C'è anche chi ci manda a quel paese ma la tante altre persone ci ascoltano e ci chiedono consigli. Siamo noi la prima barriera della sanità. Siamo quelli che gli vanno incontro rassicurandoli e dandogli fiducia verso il futuro e verso i vaccini che dovremo somministrare». 

Anche per questo la definizione di “eroi” va stretta agli infermieri. Nessuno di loro si sente protagonista di questa guerra al virus, ma soltanto parte attiva di un sistema che non dovrebbe mai mettere da parte la comprensione e l'umanità. «Basta guardarsi intorno e nelle periferie – conclude Patrizia – per capire come si ha bisogno del nostro lavoro. Non siamo eroi. Facciamo solo il nostro lavoro con entusiasmo, volontà ed empatia verso gli altri. Questo dovrebbe essere lo scopo della nostra professione e questo vogliamo per il futuro. Un domani senza mascherine e con il sorriso vero della solidarietà e della comprensione».

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Il Mattino