«Vittime scelte dai killer su Facebook», il volto social della faida del Rione Sanità

«Vittime scelte dai killer su Facebook», il volto social della faida del Rione Sanità
Sfogliano le pagine di facebook e lo fanno per cercare i nemici da uccidere. Lo fanno con attenzione, modulando la propria strategia assassina in relazione a quanto emerge dalla...

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Sfogliano le pagine di facebook e lo fanno per cercare i nemici da uccidere. Lo fanno con attenzione, modulando la propria strategia assassina in relazione a quanto emerge dalla fonti aperte, dal social più usato al mondo, andando alla ricerca di nomi e volti, di soprannomi, schieramenti e appartenenze. È uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza di condanna per i killer di Pietro Esposito, il boss della Sanità ucciso a novembre del 2015, al termine di una escalation criminale tra quelli della Sanità e i gruppi di Miano. In oltre centoventi pagine, il giudice per le udienze preliminari Anna Laura Alfano passa in rassegna una delle pagine più buie della storia criminale recente. Quella legata alla scarcerazione di Carlo Lo Russo (dopo circa venti anni di detenzione, gli ultimi dei quali in regine di semilibertà, che ha consentito al boss di tessere la propria trama di violenza criminale), alla guerra con gli Esposito-Genidoni. 


Chiaro il ragionamento dei giudici, a leggere le motivazioni depositate in questi giorni: ergastolo per Luigi Cutarelli, giovane e fedelissimo killer di Carlo Lo Russo, autore dell’agguato e del colpo di grazia che a novembre del 2015 provocò la morte di Pietro Esposito; 16 anni al mandante, vale a dire a Carlo Lo Russo, per il quale scattano i benefici della collaborazione con la giustizia; 12 anni per Antonella De Musis (anch’essa sotto protezione dopo aver collaborato con la giustizia); 18 anni per Rosario De Stefano, che avrebbe svolto un ruolo «decisivo ma pur sempre sussidiario» nella individuazione degli obiettivi da abbattere.

Una sentenza che conferma il lavoro svolto dal pm Enrica Parascandolo, magistrato in forza al pool anticamorra del procuratore aggiunto Filippo Beatrice, titolare delle indagini anche sul delitto Cesarano, 17enne ucciso per errore alla Sanità nello stesso scenario criminale. Ma torniamo ai motivi depositati in questi giorni dal gup Alfano, che entra nelle abitudini e nelle pieghe di un clan capace di resistere ad almeno due decenni di storia camorristica.


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