«Voglio dirti una cosa: sono sieropositivo»

«Voglio dirti una cosa: sono sieropositivo»
«Voglio dirti una cosa: io ho l’Hiv», è il titolo del calendario 2017 realizzato dai ragazzi sieropositivi di diverse città italiane, grazie...

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«Voglio dirti una cosa: io ho l’Hiv», è il titolo del calendario 2017 realizzato dai ragazzi sieropositivi di diverse città italiane, grazie al contributo del Pediatric European Network for Treatment of Aids e con il patrocinio morale del Policlinico Federico II di Napoli, del dipartimento di dalute della donna e del dambino della Clinica pediatrica di Padova, dell’associazione Arcobaleno Aids Onlus di Torino, dell’associazione Essere bambino di Brescia, dell’associazione Polo Positivo onlus di Cagliari, dell’ospedale Luigi Sacco di Milano e del centro Aurora contro l’Aids pediatrico di Bologna.


Il calendario, promosso dalla  fondazione Penta Onlus di Padova, è stata presentato durante l’inaugurazione del nuovo reparto di Malattie infettive pediatriche della Federico II, diretto da Alfredo Guarino. «Il progetto del calendario nasce da un lungo lavoro», sottolinea la psicologa Isabella Continisio, con l'educatrice sociale Chiara Novello. «Il nostro obiettivo primario – sottolineano, in una nota, i ragazzi autori del calendario - è informare e sensibilizzare la società sulla tematica».

In Italia, ogni giorno 11 persone scoprono di essere sieropositive. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità le nuove diagnosi di infezione da Hiv sono 4.000 all’anno e questo dato è costante negli ultimi 5 anni. Il virus si diffonde principalmente attraverso i rapporti sessuali non protetti; la maggior parte delle infezioni avviene attraverso contatti eterosessuali. Inoltre, più del 25% delle persone che hanno contratto l’infezione non hanno fatto il test e non sanno di averlo (1 su 4).

«Se la medicina e la scienza hanno raggiunto straordinari successi, c’è ancora molto lavoro da fare per ottenere il recupero di una vita libera e felice, reso quasi impossibile dall’esclusione sociale e dall’emarginazione culturale», precisa Guarino. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino