Whirlpool Napoli, il governo chiama i sindacati: spunta una proposta

Whirlpool Napoli, il governo chiama i sindacati: spunta una proposta
La buona notizia è che, a quanto pare, ci sarebbe più di una nuova proposta per il futuro dello stabilimento Whirlpool di via Argine, chiuso lo scorso primo...

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La buona notizia è che, a quanto pare, ci sarebbe più di una nuova proposta per il futuro dello stabilimento Whirlpool di via Argine, chiuso lo scorso primo novembre, con i circa 400 dipendenti che a dicembre riceveranno il secondo e ultimo salario pieno pur non potendo tornare in fabbrica e riprendere l'attività produttiva. La notizia meno buona (ma, anche qui, dipende dai punti di vista) è che le dichiarazioni di interesse giunte al ministero dello Sviluppo economico ed evidentemente a Invitalia che si sta occupando della questione, non riguarderebbero la filiera degli elettrodomestici, ipotesi che invece era circolata con qualche insistenza nelle ultime ore tra sindacati e lavoratori. Di più per ora non si sa ma è presumibile che di questo si parlerà nel tavolo convocato in videoconferenza dalla sottosegretaria allo Sviluppo economico Todde per le 14,30 di lunedì prossimo, 21 dicembre. Ci saranno i ministri Patuanelli e Catalfo (Lavoro), gli enti locali (Comuni e Regioni) e i rappresentanti sindacali di tutti gli altri stabilimenti italiani della multinazionale: l'alto numero delle convocazioni è motivato anche dal fatto che a fine anno scadranno gli ammortizzatori sociali per i lavoratori del gruppo e bisognerà dunque definire tempi e modalità di eventuali proroghe.

Il caso Napoli, però, resta in primo piano anche se è difficile al momento capire in che direzione potrà evolvere la vertenza. I sindacati, protagonisti specie con la Fim Cisl napoletana e nazionale di un pressing forte e motivato nei confronti del governo anche in questi giorni, non hanno mai nascosto la preferenza per soluzioni che garantissero non solo la continuità produttiva dell'impianto ma anche la strategicità della linea delle lavatrici di alta gamma. In altre parole la conferma della mission dell'impianto, sperando che almeno in una prima fase la stessa multinazionale accettasse di accompagnare il nuovo percorso, garantito da Invitalia e dunque dallo Stato, senza contare i 20 milioni messi a disposizione ormai da oltre un anno dalla Regione Campania per facilitare la ricerca di una soluzione condivisa. Se le voci trovassero conferma, invece, si andrebbe verso la riconversione dello stabilimento. E in questo caso tutto, o quasi, dipenderà dall'affidabilità della proposta sulla quale il governo dovrà comunque assumersi responsabilità precise. I primi passi in questa direzione, per la verità, furono già mossi in estate ma il muro di perplessità dei sindacati diventò subito insormontabile, come all'epoca della disponibilità manifestata dagli italo-svizzeri di Prs.

Si parlò in quell'occasione di proposte frammentarie o di tempi di attuazione non immediati come nel caso del progetto di componenti per auto presentato dal gruppo Adler di Paolo Scudieri. Per Fim, Fiom e Uilm la pregiudiziale per avviare un eventuale Piano B, era e rimane un'offerta seria e, appunto, affidabile, in grado cioè di non iscrivere il sito di via Argine al lunghissimo elenco di piani di riconversione falliti o nemmeno iniziati da Nord a Sud. Non è uno scenario facile e intanto bisognerà capre anche cosa succederà dei 357 lavoratori dall'1 gennaio: sembra assai probabile la loro collocazione in Cassa integrazione atteso che almeno fino a marzo 2021 i licenziamenti non saranno possibili per via delle norme anti-Covid.

Ma chi dovrà anticipare il trattamento, l'azienda o l'Inps? E per quanto tempo? Sono solo alcuni degli interrogativi sul tappeto ai quali occorrerà che il governo risponda: il 31 dicembre è dietro l'angolo ma ormai in questa vertenza si è sempre dovuto attendere l'ultimo miglio per capire cosa fare e come farla. 

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Il Mattino