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La buona notizia è che, a quanto pare, ci sarebbe più di una nuova proposta per il futuro dello stabilimento Whirlpool di via Argine, chiuso lo scorso primo novembre, con i circa 400 dipendenti che a dicembre riceveranno il secondo e ultimo salario pieno pur non potendo tornare in fabbrica e riprendere l'attività produttiva. La notizia meno buona (ma, anche qui, dipende dai punti di vista) è che le dichiarazioni di interesse giunte al ministero dello Sviluppo economico ed evidentemente a Invitalia che si sta occupando della questione, non riguarderebbero la filiera degli elettrodomestici, ipotesi che invece era circolata con qualche insistenza nelle ultime ore tra sindacati e lavoratori. Di più per ora non si sa ma è presumibile che di questo si parlerà nel tavolo convocato in videoconferenza dalla sottosegretaria allo Sviluppo economico Todde per le 14,30 di lunedì prossimo, 21 dicembre. Ci saranno i ministri Patuanelli e Catalfo (Lavoro), gli enti locali (Comuni e Regioni) e i rappresentanti sindacali di tutti gli altri stabilimenti italiani della multinazionale: l'alto numero delle convocazioni è motivato anche dal fatto che a fine anno scadranno gli ammortizzatori sociali per i lavoratori del gruppo e bisognerà dunque definire tempi e modalità di eventuali proroghe.
Il caso Napoli, però, resta in primo piano anche se è difficile al momento capire in che direzione potrà evolvere la vertenza.
Si parlò in quell'occasione di proposte frammentarie o di tempi di attuazione non immediati come nel caso del progetto di componenti per auto presentato dal gruppo Adler di Paolo Scudieri. Per Fim, Fiom e Uilm la pregiudiziale per avviare un eventuale Piano B, era e rimane un'offerta seria e, appunto, affidabile, in grado cioè di non iscrivere il sito di via Argine al lunghissimo elenco di piani di riconversione falliti o nemmeno iniziati da Nord a Sud. Non è uno scenario facile e intanto bisognerà capre anche cosa succederà dei 357 lavoratori dall'1 gennaio: sembra assai probabile la loro collocazione in Cassa integrazione atteso che almeno fino a marzo 2021 i licenziamenti non saranno possibili per via delle norme anti-Covid.
Ma chi dovrà anticipare il trattamento, l'azienda o l'Inps? E per quanto tempo? Sono solo alcuni degli interrogativi sul tappeto ai quali occorrerà che il governo risponda: il 31 dicembre è dietro l'angolo ma ormai in questa vertenza si è sempre dovuto attendere l'ultimo miglio per capire cosa fare e come farla.
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