Torna «Operazione San Gennaro», un grande classico napoletano che ha fatto la storia del cinema ma che questa volta va in scena in teatro con il sottotitolo «La...
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La storia è la stessa, ambientata a Napoli nel 1966. Due gangster americani (Valentina Gullace e Gampiero Mancini) approdano a Napoli per un fare un colpo. I due americani si rivolgono a Don Vincenzo (Ernesto Mahieux), boss per eccellenza, ormai ritiratosi in carcere, che non potendo aiutarli materialmente e soprattutto senza conoscere l'entità del colpo, li indirizza da Armanduccio Girasole detto Dudù, suo figlioccio d'arte. Gli americani rivelano a Dudù il colpo da fare: Rubare il Tesoro di San Gennaro. Poi la storia si sa come finisce ma nella sua rappresentazione teatrale c'è qualcosa in più.
«C'è una motivazione per cui Dudù decide di fare il colpo, aspettando il segnale di San Gennaro - spiega Massimo Ghini - Un motivo che per il '66 è modernissima. Dudù dice che deve costruire le case a tuitta quella povera gente che vive nei quartieri e non vede mai la luce. Nel film è amorevolmente massacrata dalla battuta di Totò che quando Dudù gli dice che gli costruirà una statua d'oro a figura intera, lui risponde 'mi basta a mezzo busto'». Ghini racconta che l'idea di portare in scena Operazione San Gennaro nasce da una chiacchierata con Alessandro Siani. «Confesso che uno dei motivi sentimentali che mi ha spinto ad accettare la proposta di Siani - spiega l'attore e regista - è la visione di quella Napoli fatta di diavoli e santi dal volto umano che condividono il miracolo di vivere, visione forse obsoleta ma che, forse ingenuamente, continuo a sognare. Ripercorrendo la storia del film abbiamo cercato di restituire teatralmente quelle immagini e quelle atmosfere, restando in quell’epoca, quella dei meravigliosi anni 60, aiutati dalle musiche eterne di Armando Trovajoli che accompagnano ogni parte dello spettacolo».
Nel cast, accanto a Massimo Ghini, ci sono molti attori napoletani e non tra cui Stefania De Francesco, Antonio Fiorillo, Ernesto Mahieux e Nunzia Schiano che seguono le stesse scelte stilistiche del film. Il pubblico avrà l'impressione di assistere a una fiaba, tra scenografie pensate come un grande gioco teatrale, è una grande finzione scenica, senza alcuna verità reale. Determinante è la presenza della musica di Trovajoli fa si che vengano rispettate le due anime sia quella napoletana che quella americana che sono la base della narrazione di questa storia. «Il grande Maestro - conclude Ghini - nella colonna sonora del film, ha costruito una struttura geniale di narrazione musicale anticipando una tradizione musicale che dieci anni dopo diventerà il punto di forza della scuola musicale napoletana contemporanea». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino