È stato presentato oggi, sabato 7 dicembre, “La Signora Della Cartapesta. L'effimero a Matera”, il libro fotografico di Giorgio Cossu edito da Nane...
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Due i nodi che uniscono il volume di Cossu alla Fondazione Made in Cloister: la riscoperta di luoghi che sembrano caduti nell’oblio e la valorizzazione del saper fare artigiano e dei maestri di arti antiche apparentemente dimenticate, come la cartapesta. Il volume fotografico di Cossu vuole restituire ad un arte da sempre considerata minore una testimonianza importante in termini documentali, primo passo nella costruzione di una bibliografia più ampia e completa che meglio la inquadri nella sua qualità di tradizione secolare e pregna di storia.
“La Signora Della Cartapesta. L'effimero a Matera” è il risultato di un minuzioso lavoro sul campo che documenta lo stato attuale dell'arte della cartapesta a Matera, uno dei centri di riferimento di questa antica tecnica scultorea dove questa è giunta proprio attraverso la città di Napoli. Cossu ha infatti seguito sin dagli inizi la realizzazione del Carro della Bruna, che ogni 2 luglio, da secoli, porta in processione la santa protettrice di Matera tra le strade della storica città lucana. Dalla costruzione della parte lignea alla decorazione e, infine, alla pitturazione, con attenzione ai dettagli, le immagini tracciano la crescita dell’opera per mano dei “Pentasuglia”, storica famiglia di cartapestai materani.
«Questo lavoro nasce da una mia personale ricerca nel tentativo di intrecciare una fotografia documentaristica nuda e cruda con un linguaggio più astratto. Ciò mi permette di realizzare dei veri e propri documentari etnografici senza rinunciare ad un'estetica personale della visione astraendo il più delle volte il soggetto dalla sua natura originaria, ma senza perderne contesto e valore sia storico che culturale».
«La scelta dell'immagine fissa a discapito del filmato - continua Cossu - è avvenuta proprio perché la prima ci dà il piacere di poter far lavorare la nostra fantasia e la nostra memoria su ciò che succedeva prima e soprattutto su cosa succederà dopo lo scatto al soggetto ritratto. Una lama di luce che taglia l'ombra. Una materia che prende forma indistinta sotto i nostri occhi per portarci dal microcosmo del dettaglio all'universo della completezza dell'opera. Ogni scatto può diventare solo grazie a noi stessi un viaggio interiore alla scoperta di un'arte, di un mestiere, di un luogo che a loro volta possono cambiare di natura proprio grazie al nostro sguardo. È qui che la struttura di un carro può diventare un'architettura antica, un tavolo di lavoro può assumere le sembianze di una distesa di campi coltivati. O il pugno del falegname che strige dei chiodi riportarci all'immagine della mano di Zeus con le saette strette tra le dita. E tutto questo senza niente togliere alla storia di un burattino tradizionale, di una macchina da festa o ad una tecnica antica giunta da secoli lontani fino ai nostri giorni. Come appunto la cartapesta». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino