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Si inaugura sabato 25 giugno alle ore 17.30 al Maschio Angioino la mostra Il Cono d’Ombra, un progetto di Andrea Aragosa per Black Tarantella e Fm Centro per l’Arte Contemporanea, in collaborazione con l’università degli studi di Napoli L'Orientale, con il patrocinio della Regione Campania, del Comune di Napoli e della Mostra D’Oltremare.
L’esposizione a cura di Marco Scotini, direttore artistico di Fm Centro per l’Arte Contemporanea di Milano, raccoglie più di 50 opere, fra cui opere storiche del periodo coloniale in dialogo con i lavori di 12 artisti contemporanei appartenenti alla diaspora africana ed è allestita in due spazi di Castel Nuovo: Antisala dei Baroni nell’ala nord, al primo piano e Sala dell’Armeria, al piano terra. Gli stessi spazi che furono parte della Seconda Mostra Internazionale d’Arte Coloniale tenutasi proprio a Napoli, nel Maschio Angioino, dal 1 ottobre 1934 al 31 gennaio 1935. La mostra Il Cono d’Ombra è dedicata a Lidia Curti (1932-2021), co-fondatrice del Centro Studi Postcoloniali e di Genere di Napoli. Resterà aperta fino al 25 agosto 2022 e si potrà visitare gratuitamente dal lunedì al sabato dalle 10 alle 17.
Nonostante oggi la rimozione del passato coloniale italiano sia stata compensata da una ricca mole di studi storici e accademici, rispetto a venti anni fa, la mostra Il Cono d’Ombra muove dalla necessità di trovare altre categorie concettuali (più sperimentali e meno canoniche), per ripensare quell’esperienza storica in un mutato contesto politico-sociale. Ancora lontano dall’essere una eredità contestata, la politica coloniale fascista in Italia è stata oggetto di ben poche occasioni espositive e di riconfigurazione critica degli oggetti museali accumulati.
Napoli, in quel periodo, è pronta a diventare il principale dei porti coloniali e la sede ideale per una proiezione ideologica e di conquista con il sud del Mediterraneo. Vista la presenza in città di una delle associazioni più antiche del nazionalismo colonialista come la Società Africana d’Italia e l’istituto Orientale. Allo stesso tempo, sono questi gli anni del passaggio dal carattere economico-commerciale del colonialismo italiano della fase liberista a quello propagandistico-consensuale del tempo fascista. Gli aspetti innovativi della mostra al Maschio Angioino del 1934-35, rispetto alle mostre coloniali precedenti, sono improntati dalla fabbrica del consenso fascista e si riassumono nell’invito di otto artisti italiani a ritrarre le colonie in presa diretta, nella volontà di far risalire al quattrocento veneziano la vocazione orientalista e colonialista della pittura italiana, nella ricostruzione di un villaggio indigeno nel fossato di Castel Nuovo. Tutti elementi che anticipano e che confluiranno nella Triennale d’Oltremare del 1940, con cui si rapporta anche Il Cono d’Ombra.
Dopo aver raccolto - in archivi privati e istituzioni pubbliche - molti documenti, pubblicazioni, foto e lavori originali presenti in quelle esposizioni, la posta in gioco di Il Cono d’Ombra è di far riallestire queste memorie culturali (oggetti idiosincratici e assemblaggi eterogenei) agli artisti africani che da anni lavorano sulla questione coloniale e post-coloniale. In qualche modo superare la sempre presunta «innocenza bianca» sarà possibile solo attraverso una contro-narrazione condotta dagli ex soggetti colonizzati che, come in uno specchio rovesciato, possano aprire ad altre rappresentazioni.
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