Napoli, il debutto di 20 mamme-attrici al Teatro San Ferdinando con “I Sud”

Lo spettacolo si terrà il 9 giugno alle 18 al Teatro San Ferdinando

La locandina dell'evento
A Borgo di Sant’Antonio Abate di Napoli, venti donne debuttano sul palcoscenico del Teatro San Ferdinando di Napoli con “I Sud”, lo spettacolo a cura di...

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A Borgo di Sant’Antonio Abate di Napoli, venti donne debuttano sul palcoscenico del Teatro San Ferdinando di Napoli con “I Sud”, lo spettacolo a cura di Alessandra Cutolo in programma il 9 giugno prossimo alle 18.00. Napoletane, nigeriane, ucraine, keniane per la prima volta diventano attrici, a conclusione di un percorso che le ha coinvolte negli ultimi cinque mesi con l’omonimo laboratorio teatrale “I Sud”, realizzato nell’ambito delle attività di Sostegno alla Genitorialità del Progetto “Si Può!”, selezionato dall’impresa sociale “Con i Bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.

“I Sud” è una produzione del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale in collaborazione con l’Associazione IF-ImparareFare, Progetto Si Può!, Con i Bambini – Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Le donne, tutte madri di diverse nazionalità, sono state coinvolte attraverso le attività dell’Associazione IF-ImparareFare, in un quartiere popolare e sempre più caratterizzato dalla multiculturalità come quello in cui sorge il teatro di Eduardo.

Hanno lavorato alla messa in scena d’un adattamento del racconto “Ambasciata Americana” della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichi. A guidarle Alessandra Cutolo, regista di consolidata esperienza in teatro come al cinema, abituata a lavorare in ambienti complessi ed eterogenei insieme a Steve Emejuru coreografo. I laboratori hanno previsto attività finalizzate al superamento della naturale difficoltà a condividere situazioni di vita personale, o semplicemente alla costruzione di un sistema non precostituito, ma multiforme e multiculturale in continua evoluzione in cui tutte sono protagoniste e si sostengono.

Il racconto “L’Ambasciata Americana” di Chimamanda Ngozi Adichie è una storia di ordinaria follia, una tragedia africana ambientata a Lagos, in Nigeria. Protagonista una donna in fila per ottenere un visto per gli Stati Uniti. Tre uomini, entrati in casa sua alla ricerca del marito, le hanno ammazzato il figlio con un colpo di pistola partito per errore. Una giovane vita spezzata. La difficile ricerca delle parole per dirlo ad una funzionaria dell’Ambasciata, alla burocrazia. L’impossibilità di trovare quelle parole. I Sud del mondo hanno degli elementi comuni. Storie con situazioni simili accadono spesso a Napoli, una città con troppe pistole in circolazione.

Più di una volta le donne migranti che arrivano in Europa e si presentano davanti ai funzionari delle Commissioni territoriali, faticano a trovare le parole per raccontare le tragedie di cui sono state protagoniste. Faticano a barattare i loro traumi con un pezzo di carta. O decidono di non farlo, anche se i documenti ottenuti dopo l’“audizione” sono fondamentali per cominciare una nuova vita, per entrare in un consesso sociale nuovo, con una storia condivisa. Restano traumi silenziosi, non elaborati, inespressi.

Chi attraversa il Mediterraneo per cominciare una “vita nuova”, spesso assume un nuovo nome e cerca di lasciarsi alle spalle il dolore attraversato. E il Teatro, più che mai, si rivela uno spazio privilegiato in cui elaborare un trauma riguardante la collettività e non solo le singole storie, attraverso il velo della finzione letteraria, la verità, la potenza dei corpi in scena, attraverso il canto e la danza. Un trauma che riguarda sia chi fugge sia chi accoglie.

 

 

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Il Mattino