Napoli, al teatro Tram debutta «Andromac(hi)a. Monologo in tre mo(vi)menti»

Una riflessione sul mito in un gioco meta-teatrale e metanarrativo, ispirato a Omero

Andromac(hi)a
Dal 15 al 17 marzo 2024 debutta al teatro Tram «Andromac(hi)a. Monologo in tre mo(vi)menti», testo di Armando Rotondi, con Valeria...

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Dal 15 al 17 marzo 2024 debutta al teatro Tram «Andromac(hi)a. Monologo in tre mo(vi)menti», testo di Armando Rotondi, con Valeria Impagliazzo, regia di Valeria Impagliazzo e Armando Rotondi. Un lavoro che si è avvalso anche di artisti internazionali come Martin Lewton, direttore artistico del theatre North e del ¡Barcelona solo! Festival.

In scena nella sala di via Port’Alba, «Andromac(hi)a» si configura come una riflessione drammaturgica sulla figura e il mito di Andromaca, una figura destinata a perdere tutti i suoi cari, sotto forma di monologo per donna. In particolare, il lavoro vuole investigare un momento specifico – o momenti specifici – dell’esistenza di Andromaca e la sua consapevolezza di essere mito. Moglie di Ettore, regina del focolare domestico, madre amorevole, ebbe il marito, il padre e i sette fratelli uccisi da Achille.

Organizzato in tre movimenti che si intersecano, «Andromac(hi)a» pone l’accento sul confronto tra Andromaca e, di volta in volta, Ettore, Astianatte, Neottolemo e se stessa, in un gioco meta-teatrale e metanarrativo, ispirato a Omero, La piccola Iliade ed Euripide, ma anche ad Heiner Müller e Jean Cocteau. «Andromac(hi)a» è pubblicato da edizioni Progetto cultura in: Armando Rotondi, trilogia del rancore. Medea del Baltico Andromac(hi)a – Hai paura? Non dovresti, introduzione di Serena Russo, con saggi critici di Daniela Bombara e Cristian Izzo.

«Andromac(hi)a è un viaggio intimo, interrotto e allo stesso tempo infinito e ripetuto – dice l’autore e regista Armando Rotondi -. Un viaggio artistico tra Spagna e Italia, dove si sono svolte le prove, che indaga le diverse nature e l'unica natura di essere Andromaca. Un viaggio in tre movimenti, incontro tra due personalità artistiche differenti in una sintesi comune».

«Andromac(hi)a, colei che combatte gli uomini e, invece, la donna-tempo, Andromaca consapevole del suo essere mito, tragedia e personaggio – spiega Serena Russo, che ha curato l’introduzione del testo da cui è tratto lo spettacolo -, che attende l’ora e il per sempre, che ripercorre il dolore a lei inflitto attraverso i nomi di Neottolemo, Ettore, finanche il figlio Astianatte. Andromaca che è in quanto combattente, che esiste in quanto portatrice di memoria. Che ricorda per mantenere il tempo passato nell’adesso e che invoca l’amato Ettore nel solo luogo possibile: il presente».

«In una climax ascendente che va dal risentimento verso un marito che ha preferito a lei la difesa della città, all’angoscia per l’atroce morte del figlio, alla rabbia nei confronti dell’uccisore, Andromaca pone in scena il suo esserci, la sua condizione di testimone davanti a una morte iterata e sempre uguale, in cui il figlio riassume in sé il padre e lo sposo», precisa Daniela Bombara, critica letteraria.

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Il Mattino