Quattro date in sold out con oltre un mese d'anticipo, tanto da suggerire l'aggiunta di altre due, subito andate esaurite anch'esse. Si intitola, con non troppa...
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Stabilite le gerarchie e innescate le polemiche del caso, Natale, 47 album alle spalle, una band di dodici musicisti diretta da Peppe Fiscale sul palco, nello spettacolo affidato alla direzione di Maurizio Palumbo promette «il cinquanta per cento di miei successi e l'altra metà di classici napoletani». Ecco, allora, «Io te penzo», «Quel vestito rosso», «Bella e cattiva», «Ti do' la mia parola» e «Fatte accarezza'» accanto a «Reginella», «Palcuscenico, «Passione», «'O surdato nnammurato» («vorrei restituirla alla sua dolente natura originale, evitando di buttarla in caciara, di usarla, come ormai si fa, come inno da festa»), «Guaglione».
Se per lui fu galeotto il padre, ora tocca al figlio di Natale, Giovanni, portare avanti la tradizione di famiglia: tre dischi già alle spalle è pronto pronto a duettare stasera con il padre «Caruso» di Lucio Dalla, «'O pate» di Nino D'Angelo e «Perdere l'amore» di Massimo Ranieri: «Speriamo che possa trovare la sua strada, non sempre per i figli d'arte è facile».
Neomelodico con propensioni veteromelodiche, il messinese non vuole essere confuso con le polemiche gomorriste che spesso toccano il genere: «Io non canto di boss e di Gomorra, anzi quelle canzoni non le ascolto nemmeno. Canto l'amore, qualcuno dice che canto troppe storie di corna e di amanti, ma sempre di amore si tratta, no?».
Già, ma come se lo spiega questo successo, questi sei sold out? «Forse perché mancavo da molto tempo, forse perché lascio che per me parlino le mie canzoni e non vado in tv. Purtroppo a Napoli è difficile, per chi viene dalla canzone popolare, fare cose pulite, eleganti in tv. E, allora, io evito proprio di farle». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino