Pasolini, al Nuovo Teatro Sanità di Napoli va in scena «La grande tribù»

Pasolini, al Nuovo Teatro Sanità di Napoli va in scena «La grande tribù»
A cento anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, il Nuovo Teatro Sanità riprende una delle sue prime produzioni, La grande tribù di Claudio Finelli, interpretato...

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A cento anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, il Nuovo Teatro Sanità riprende una delle sue prime produzioni, La grande tribù di Claudio Finelli, interpretato da Mariano Coletti e Gennaro Maresca, quest’ultimo anche regista dello spettacolo. In scena dal 18 al 20 marzo, il testo è ispirato ad alcuni scritti di Pasolini, in particolare a Gennariello e vuole riflettere sull’eredità poetica e culturale che l’artista ci ha lasciato.

«La grande tribù» è l'appellativo che il poeta usò per descrivere il popolo napoletano, gli uomini che hanno deciso di non cambiare, di mantenere integra, con innocente inconsapevolezza, la propria identità culturale, linguistica, sessuale e spirituale. Lettere luterane è la materia d'ispirazione del testo, in particolare la raccolta di articoli pubblicati dal settimanale Il Mondo e dedicati a Gennariello, il giovane e scapricciato ragazzo partenopeo con il quale Pasolini immagina un dialogo, un confronto, realizzando un trattato pedagogico di estrema potenza lirica, concreto, aperto, bilaterale. I fari si accendono su questa grande tribù e sui suoi innumerevoli Gennariello, in scena un giovane attore e un film-maker in cerca di storie da raccontare. Un provino si trasformerà in un dialogo incalzante e senza esclusioni di colpi, sullo sfondo di una Napoli fatiscente, squallida, incorniciata da solitudine e borghesia dilaganti ma ricca di vita e di umanità.


«Oggi più che mai la voce di Pasolini è forte e vivida. Pasolini poeta, Pasolini scrittore, Pasolini scrittore e regista; crudo e crudele narratore di tempi e immagini borghesi, sinistramente decadenti, fasciste, immagini italiane ed europee – spiega il regista Gennaro Maresca - Pasolini racconta ancora oggi e la sua voce è piena e instancabile. Vogliamo prestare l'orecchio, rendere viva la memoria con un'azione concreta, rivoluzionaria, identitaria: rendere Pasolini un incontro tra esseri umani, rendere Pasolini una lingua della scena e cercare di decodificarla, almeno imparandone i suoni».

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Il Mattino