Venerdì 30 novembre alle ore 18:30 Spazio NEA presenta “Tropical house”, personale di Francesco Patriarca. A cura di Graziano Menolascina, la mostra sarà...
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Ne scaturisce una strutturazione di mosaici visivi e mentali in cui l’artista mette a posto pezzetti di vita, propria e collettiva, in un archivio di elementi diversi ogni volta ma affini all’interno della stessa serie. In questa plurivalenza visiva è da ricercare una duplice volontà e intenzione dell’autore: da una parte quella di raccontare un luogo lontano, sognato e immaginario dove l’uomo può vivere in armonia con la natura; dall’altro invece si manifesta il desiderio di soffermarsi su aspetti più realisti ed ambientali legati alle conseguenze del cambiamento climatico di cui il mondo tropicale è particolarmente soggetto. La serie di fotografie presenti nell’istallazione è un lavoro realizzato in omaggio alla ‘Maison Tropicalé’ di Jean Prouvé (1901-1984), la struttura abitativa modulare che il celebre architetto e designer francese ideò per sopperire al fabbisogno abitativo nell’Africa coloniale. Struttura abitativa ma anche osservatorio sulla natura con le sue ampie finestre da cui l’esterno entra negli interni dell’abitazione. La mostra riproduce l’atmosfera di una serra tropicale con carte e disegni che rappresentano piante tropicali, assemblaggi e collage di foglie e piante disegnate che rievocano la ricchezza e la sensualità del mondo tropicale. Scrive il curatore Graziano Menolascina: «Patriarca ci manifesta la sua integrazione dell'inconscio, del dato psichico in senso funzionale e organico, con la dimensione spirituale dell'uomo ricorrendo alla metafora medianica nell'oggettivazione dell'opera sull'irrealtà e alle tracce di oggetti che pure sono rinvenibili sulla tela.
Tutto si tramuta in domande destinate a rimanere senza alcuna risposta poiché s'affacciano sull'inconoscibile. Da quando l'uomo ha sentito la necessità di comprendere la propria esistenza e il mondo che lo circonda, egli ha contemporaneamente espresso tale esigenza con l'ausilio di forme artistiche, attraverso manufatti che non avevano soltanto una qualche funzionalità quotidiana, ma che presentavano nella loro struttura anche parti che si collegavano a una realtà altra. Francesco Patriarca con il progetto "Tropical house" si libera e rompe la rete. La suggestione dei luoghi, delle temperature, delle densità d'aria e di vento, dove ancora è così presente il lento e sfumato trapasso dei piani, lo scorrere delle ore nel paesaggio; gli slanci e i freni della natura, dove le linee diritte e slanciate, o colpite in piccolissime nervose serpentine, o ancora rotte nell'infinito e pulviscolare battere, già indirizzano letture più sincopate e frante, non più distese e piane.
Medita la metamorfosi e lascia che il lavoro si componga di intrighi, di piccole esplosioni di segni, poi di corse più leggere, di guizzi e di fughe, di virgole abbandonate nell'aria. La serenità cui, per misteriose ragioni, pare sempre approdare al termine di quel viaggio pericoloso; la voglia di cogliere quelle fondamentali sintassi dell'esistenza, non nel loro fragoroso esplodere, ma come in un loro depositarsi in vitro, per analisi, per memoria. Per questo suo talento e modo di penetrare ragioni sconosciute con limpidezza d'animo, come portando in mano una fiamma mai spenta di speranza che sgombra le ombre più inquiete, Patriarca percorre un tempo fitto di omologie senza confondersi con le altrui ragioni ed esperienze». Non è la prima volta che Patriarca realizza installazioni dedicate al tema del rapporto tra uomo e ambiente. Tra queste ricordiamo ‘Birds by the Hand’ presso l’Art Platform di Los Angeles, ‘Migrations’ al Museo Orto Botanico di Roma, ‘80 days’ presso il TAM-Torrence Art Museum in California e gli Apothecaries Gardens di Mosca in Russia. L’inaugurazione è arricchita dalla sessione di musica live eseguita da Miners Apron, con l’intento di riprodurre i suoni e l'atmosfera di una serra tropicale.
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Il Mattino