«Ultimo atto» al Teatro dei 63, in scena la storia di una compagnia di giro

«Ultimo atto» al Teatro dei 63, in scena la storia di una compagnia di giro
La storia vera di una donna di teatro, ma soprattutto della compagnia di giro della sua storica famiglia. Una vita scandita da passi che hanno calpestato sempre il legno dei...

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La storia vera di una donna di teatro, ma soprattutto della compagnia di giro della sua storica famiglia. Una vita scandita da passi che hanno calpestato sempre il legno dei palcoscenici. A cominciare da Napoli, dove nel 1933 è cominciato tutto, per poi radicarsi in Toscana, dove ancora oggi si continua a raccontare l'affascinante compagine artistica dei Barone attraverso le opere in prosa dei grandi autori contemporanei e produzioni originali.


Da venerdì (ore 21) a domenica, Quartieri Airots ospita negli spazi del Teatro dei 63 (presso la chiesa di San Carlo Borromeo dei 63 sacerdoti in via Carlo de Cesare, 30) la compagnia toscana Scenica Frammenti con lo spettacolo «Ultimo Atto (senza fine)» di Loris Seghizzi, inserito nel programma del progetto «Agorà Convergenze Artistiche», che Quartieri Airots ha organizzato in collaborazione con le associazioni Antego, Akerusia Danza e Itinerarte. In scena oltre a Vincenza Barone, Gabriella Seghizzi, Walter Barone, Iris Barone.


«Ultimo Atto» può essere visto come la seconda parte di «Memoria – storia di una famiglia teatrale», lo spettacolo che raccontando la vita di Vincenza Barone, figlia d’arte, narra anche in parte la storia della Compagnia di Giro composta dalla storica famiglia teatrale. «Pur essendo prigionieri del passato - scrive il regista nelle note - si arriva ad un punto in cui prendiamo consapevolezza del presente e di conseguenza di quello che sarà o non sarà il futuro... C’è una storia che come tutte le storie sta dentro un’altra, precedente, che a sua volta ha dato vita a un’altra e un’altra ancora. Quella attuale, questa, vive per dare luce alla storia che verrà. Queste storie sono legate dal sangue, quello che scorreva nelle vene di chi fu e di chi è; perché si parla di padri e di madri e dei loro figli e dei figli dei figli. Di volta in volta, di tempo in tempo. Fino a che un mestiere familiare si tramanda, la storia gira sempre intorno allo stesso soggetto, pur evolvendosi; ma se questo non accade, allora la storia finisce. Immaginiamo ora che questo sia l’ultimo atto di una storia che fu di nomadismo e di arte come mestiere. Spettacolo dopo spettacolo, giorno dopo giorno, sempre in scena per qualche decennio, ci ritroviamo ad oggi, con uno sguardo al passato e uno al tempo che, implacabile, porta tutto ad una fine necessaria per un nuovo inizio. Ma questa è veramente un’altra storia. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino