Giovani, «senza fretta, ma senza sosta» che hanno saputo comprendere le potenzialità di un territorio diventato ghetto: è la storia dei ragazzi de La...
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Una zona nel centro della città, il Rione Sanità, nota suo malgrado per la presenza della criminalità organizzata. Eppure è lì che ci sono beni artistici chiusi da riaprire, valorizzare: chiese, basiliche, due catacombe, palazzi antichi. Dieci anni fa, i ragazzi della cooperativa hanno iniziato a lavorare per ridare vita alle Catacombe di Napoli. Un sito che nel 2009, quando La paranza le ha prese in gestione, era chiuso e sconosciuto: oggi registra 130mila presenze annue. All'inizio a lavorarci sono 5 volontari, oggi sono diventati 35 lavoratori dipendenti. Nel rione sono arrivati i turisti, sono arrivati gli stessi napoletani che avevano tenuto a distanza la zona.
«Non è la fondazione San Gennaro che ha promosso i giovani della Paranza - ha detto Pasquale Calemme, presidente della Fondazione San Gennaro - È vero il contrario. La disponibilità della Chiesa di Napoli, la Pontificia commissione, le comunità cristiane del territorio, ma sono soprattutto i meravigliosi giovani che hanno dato vita a questo progetto di rinnovo e riutilizzo delle catacombe che hanno portato qualcosa di nuovo ed effervescente. La Fondazione è figlia di questa esperienza, non madre».
Parla di «rivoluzione culturale, sociale, economica» il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo metropolita di Napoli. «Una rivoluzione promossa da questi giovani con don Antonio Loffredo, parroco del rione Sanità - ha affermato il presule - Si è partiti dall'esistente, dalla base, per realizzare qualcosa in questo territorio, tutti insieme». «Da questo dato di fatto - ha sottolineato - vogliamo proiettarci in avanti, nel futuro, tenendo presente che questo è un esempio che si può imitare». Per Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione con il Sud, «senza i ragazzi della cooperativa La paranza, questa esperienza non avrebbe avuto possibilità».
Borgomeo ha voluto ringraziare anche la Chiesa di Napoli «e il cardinale Sepe» perché «le Catacombe sono un bene della Chiesa e senza la disponibilità mostrata fin dall'inizio non sarebbe stato possibile mettere in moto il meccanismo di valorizzazione del bene». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino