Gianni Maddaloni incontra i detenuti di Castrovillari: il judo entra nelle carceri

Gianni Maddaloni
Judo pedagogico. Si sente un educatore prima che un allenatore. Profondamente convinto che «nessuno è mai perduto veramente», porta avanti instancabilmente in...

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Judo pedagogico. Si sente un educatore prima che un allenatore. Profondamente convinto che «nessuno è mai perduto veramente», porta avanti instancabilmente in giro per l’Italia e il mondo la sua missione: aiutare i ragazzi che hanno avuto soltanto la sfortuna di incontrare l’amico sbagliato, nel momento sbagliato. E di non aver trovato nessuno ad aiutarli. Offre una strada alternativa alla criminalità, ribadisce la necessità di punti di riferimento e l’importanza degli esempi positivi. Gianni Maddaloni visita i detenuti della Casa circondariale «Rosa Sisca» a Castrovillari. «Hanno chiesto la mia presenza dopo aver ospitato mio genero Clemente Russo, campione del mondo di boxe e argento olimpico, in seguito alla proiezione della fiction Rai L’oro di Scampia, interpretato da Beppe Fiorello con Gianluca Di Gennaro, che narra la mia vita fino alla vittoria a cinque cerchi di mio figlio Pino ai Giochi di Sydney 2000». Sensibile a queste iniziative, consapevole che il judo salva da amicizie pericolose, Maddaloni predica da sempre la convinzione che un bambino che apprende i valori dello sport oggi, sarà sicuramente un killer o uno spacciatore in meno domani. «Mi sembra di andare a trovare un parente o un amico che non ha avuto un padre o una famiglia alle spalle, tradito e ingannato da un falso amico». Il suo cruccio più grande: «non lasciare solo nessuno, non bisogna arrivare dopo ma prima». Il percoso di recupero passa attraverso il judo. Dalle regole non si sfugge.  
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Il Mattino