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In Italia l’inosservanza delle regole e delle leggi in materia edilizia e urbanistica, in spregio della salvaguardia delle popolazioni dal rischio idro-geologico e della tutela del paesaggio e dei beni culturali (per la popolazione una risorsa economica di lungo periodo, oltre che problema di rispetto del loro radicamento storico e ambientale), ha toccato livelli che non hanno eguali in Europa. Secondo il Bes, l’indicatore per valutare lo stato di benessere della popolazione (un indice del benessere sociale molto più efficiente del Pil), in Italia ci sono 18,9 costruzioni abusive per 100 costruzioni autorizzate dai Comuni.
Questo indice di abusivismo ha valori differenziati da Nord a Sud, toccando il Campania, che è la maglia nera della classifica, il 68,4 per cento di manufatti abusivi per ogni cento case autorizzate. I dati sono dell’Istat, al 2020. Se anche la percentuale nazionale degli abusi edilizi del 18,9 non propriamente si traduce nel fatto che sono abusive 20 costruzioni su cento in Italia, l’indicatore BES in questione, come riportato nel sito dell’Istat, “può leggersi anche come una proxy della “rule of law” nell’utilizzazione del territorio”.
Cioè praticamente dell’inosservanza della legge in consorzio deleterio tra istanze della cittadinanza e connivenza delle istituzioni sia a livello di prevenzione ex ante che sanzionatorio ex post.
Il Piano Colao, “iniziative per il rilancio dell’Italia 2020-2022”, al punto 35 affrontava, anche se genericamente, la problematica dell’abusivismo edilizio: “è fondamentale preservare le aree verdi e il territorio, contrastando fattori quali il consumo del suolo, l’abusivismo edilizio, gli incendi boschivi e l’inquinamento”. In sostanza, ancora una volta, accenni di autocoscienza nazionale senza seguito. Davanti a questa nuova tragedia che fare? Propongo tre cose, tra le tante necessarie, mentre ci asciughiamo gli occhi dalle lacrime, e non poche sono lacrime di coccodrillo.
La prima: una realistica presa d’atto della situazione dell’abusivismo, con condoni ragionati per tipologia a finanziare, con congrui esborsi dei condonati, almeno in parte gli abbattimenti degli abusi a rischio idrogeologico e in danno del patrimonio storico e paesaggistico di pregio. La seconda: ineleggibilità dei sindaci sul cui territorio al termine del loro mandato ci sia stato un incremento dell’abusivismo o inerzia sulle quote di abbattimenti programmati (su cui ci siano fondi; e a questo fine pochi utilizzi del Pnrr sarebbero migliori).
La terza: sganciare dallo scambio “politico” sul territorio (consenso contro favore) l’istituto della concessione edilizia, da affidare a una struttura prefettizia in raccordo con la soprintendenza; niente più mercato elettorale a danno del territorio. Questo governo di destra, che dovrebbe avere nel suo Dna il senso dello Stato, torni, a cominciare da questo terreno, ai prefetti; cominci un lavoro istituzionale per sganciare la politica dalla “vicinanza” perversa ai territori. Questo mantra localistico ci ha distrutto come Paese su troppe materie. Che questo governo ci faccia sognare uno Stato unitario, retto e legalitario, se vuol esser preso in parola che più che il consenso vuol perseguire il buon governo.
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