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Sempre di più nella nostra società si sta allargando a macchia d’olio un fenomeno che fa parlare tutti i mezzi di comunicazione, la criminalità minorile. Il fenomeno di microcriminalità che si diffonde soprattutto nell’ambito di contesti urbani ha per protagonisti giovani ragazzi minorenni, dai 7 ai 14 anni, che si riuniscono in gruppi con il preciso scopo di commettere reati.
Si parte dal furto di smartphone e accessori griffati per arrivare agli atti vandalici, alle rapine, alle aggressioni e allo spaccio.
Le babygang sono un’evoluzione ancora più violenta del bullismo: le cause si possono racchiudere in un forte desiderio di anticonformismo, sulla base delle quali si tende ad andare contro le regole, oppure addirittura in un’assenza di orientamento socio-educativo da parte dei genitori.
L’approccio e l’esecuzione della babygang seguono uno schema ben preciso: si instaura un contatto con la vittima con la quale, quasi sempre per futili motivi, ne scaturisce una lite; dalla violenza verbale si passa velocemente a quella fisica che crea terrore e panico nella vittima. Per fermare l’avanzata del fenomeno bisogna intervenire prima che il minore aderisca ad una babygang, rafforzando nei giovani i valori morali e la distinzione tra bene e male. Non si risolverà col ricorso alla punizione penale: leggi più severe, come l’abbassamento dell’età imputabile e l’incremento di detenzione presso le carceri minorili, non rappresentano secondo noi la soluzione per questo tipo di fenomeno.
Sergio P., Giovanni C., Antonio D.
(dalla finestra del carcere di Poggioreale)
Il Mattino