Il credito d'imposta allo studio del governo per rilanciare produzione e occupazione nel Mezzogiorno in Campania può già contare su una copertura pari a 2,4 miliardi di...
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Dopo i drammatici dati della Svimez, il governo con gli sgravi intende quindi fare sul serio.
«Sì. Anche perché la misura è efficace e ha avuto un tiraggio altissimo in passato. Per Confindustria è uno strumento di politica economica importante, perché interviene sui fattori di competitività del Paese. Parte dal Sud, in particolare dalla Campania, ponendo una questione industriale: usare i fondi europei per attivare un beneficio fiscale dedicato agli investimenti. La Campania è la prima regione industriale del Sud. Speriamo che lo possa essere presto anche sul fronte degli investimenti pubblici».
Perché dice che parte dalla Campania?
«Si tratta del programma parallelo previsto per la Campania dopo la riduzione del cofinanziamento dei fondi Ue. Secondo una delibera Cipe di fine 2014, confermata da Delrio, la quota spetta comunque alle regioni. Il montante complessivo oggetto di diminuzione per la Campania è pari a 2,4 miliardi. Questo programma parallelo può adesso essere utilizzato per attuare benefici fiscali con una triplice valenza e interviene non sui settori, ma sui fattori di competitività».
Ovvero?
«Faccio una premessa. Un'azienda italiana rispetto a un'azienda tedesca ha quattro handicap: ha il 20% di global tax rate in più, un costo dell'energia e un onere del lavoro per unità di produzione del 30% più elevato e, infine, uno spread sui tassi d'interesse più alto, anche se ora si è ridotto. Vengo alla triplice valenza. Con il beneficio fiscale riduciamo il global tax rate. Chi investe ha quindi il premio economico. Chi investe paga poi le tasse e questo ha anche un'implicazione etica e, infine, rappresenta un elemento che aiuta a rispettare le regole. Questa è una chiave di lettura culturalmente avanzata per il Mezzogiorno».
Quanti investimenti privati saranno attivabili secondo lei?
«Con un moltiplicatore pari a tre i 2,4 miliardi attiveranno 7,2 miliardi di investimenti privati. Questo modo di procedere è condiviso dal comitato di presidenza di Confindustria ed è in linea con la riforma del nostro sistema, in cui non c'è più il comitato Mezzogiorno, ma il comitato delle regioni. La politica economica diventa unica a livello nazionale e fa sì che si pensi alla questione meridionale come a una questione nazionale, utilizzando le leve della competitività. Questa agenda della competitività, unita a una buona politica pubblica per le infrastrutture, può partire dalla Campania. L'handicap della riduzione del cofinanziamento potrebbe diventare una grande opportunità non solo per la Campania, ma per l’intero Paese».
Superando tra l’altro i dubbi che questi sgravi possano essere considerati aiuti di Stato dall'Ue, giusto?
«Certo, perché Bruxelles non ci permette di utilizzare altre risorse, se non quelle di competenza regionale. Lasciamo i contratti di programma agli investimenti più consistenti e la legge Sabatini ai piccoli investimenti! Con un beneficio fiscale che possa dare luogo a interventi privati ad esempio da 1,5 a 20 milioni di euro potremmo attivare investimenti di qualità, capital intensive, gli unici che ci possano difendere dai Paesi low-cost».
Quanti saranno gli investimenti pubblici da unire ai 7,2 miliardi privati?
«Circa 4 miliardi per le infrastrutture, l'accesso al credito, i Confidi e la ricerca. L’Agenzia per la coesione coadiuverà le regioni in ritardo di spesa a colmare i divari. Con una visione coerente, potrà evitare la dispersione a pioggia dei fondi europei e aiuterà a superare la logica di emergenza che ha contraddistinto finora le programmazioni delle risorse, costruendo invece un percorso virtuoso sin da ora».
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Il Mattino