Cardiochirurgia. Decisiva la rete di emergenza via al censimento delle strutture

Cardiochirurgia. Decisiva la rete di emergenza via al censimento delle strutture
 Il recente dramma del decesso di una giovane donna di 42 anni in seguito a tamponamento cardiaco dopo una laboriosa ricerca di un posto letto in un centro cardiologico...

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 Il recente dramma del decesso di una giovane donna di 42 anni in seguito a tamponamento cardiaco dopo una laboriosa ricerca di un posto letto in un centro cardiologico attrezzato che garantisse le cure di cui ella urgentemente necessitava ha, come giusto, molto emozionato l’opinione pubblica, sollecitando non solo l’attenzione dei media e delle autorità politiche, ma anche commenti e opinioni degli addetti ai lavori.


Fra questi ultimi ho particolarmente apprezzato il commento del professor Cotrufo che, da esperto della materia, ha opportunamente evidenziato come in pochi decenni lo scenario dell’assistenza cardiologica e cardiochirurgica è drasticamente mutato: la sempre maggiore disponibilità di metodologie diagnostiche di estrema accuratezza e precisione, in particolare la TC e l’ecocardiografia, praticamente in ogni presidio ospedaliero o anche semplicemente sanitario, consente oggi diagnosi immediate e tempestive che portano spesso come conseguenza la necessità di una risposta terapeutica altrettanto immediata e tempestiva.

Vi sono in effetti molte patologie cardiache per le quali il fattore tempo è fondamentale per il successo del loro trattamento, sia che trattasi di interventi per urgenze cardiologiche (ad esempio una angioplastica coronarica di «salvataggio») che per urgenze cardiochirurgiche. Questa tematica dell’emergenza in cardiochirurgia non è nuova ed è avvertita da tempo dagli esperti. Noi stessi un anno fa alla Mediterranea promuovevamo un simposio di aggiornamento scientifico sul trattamento ottimale delle emergenze cardiovascolari concludendo che «the earlier, the better», ovverosia, in parole povere, «prima è, meglio è».

Sorge a questo punto il problema, sollevato dal professor Cotrufo, di una rete assistenziale delle emergenze cardiovascolari che assicuri, a seconda delle necessità, il pronto trattamento medico o chirurgico delle emergenze cuore. Alcune regioni hanno da tempo realizzato un’efficace rete delle emergenze: nel Lazio io ho per anni diretto il centro “hub” regionale di cardiochirurgia dell’Università di Roma Tor Vergata che, inserito nella rete del 118, assorbiva il maggior numero di dissezioni aortiche della regione. La regione Campania, in particolare per la provincia di Napoli, a seguito anche del recente episodio su riferito, sta opportunamente ripensando alla sua organizzazione della rete delle emergenze cardiologiche e cardiochirurgiche.


Credo che una valida rete possa essere rapidamente organizzata individuando, come diceva il professor Cotrufo, fra le strutture pubbliche e private accreditate che offrono la disponibilità a entrare nella rete delle emergenze, quei centri che offrano le necessarie garanzie di qualità, efficienza e funzionalità. In particolare ritengo che da alcune caratteristiche non si possa prescindere, quali ad esempio la contemporanea presenza nella struttura della cardiochirurgia e cardiologia invasiva o la strategica distribuzione geografica dei centri nell’area urbana ovverosia la lunga e qualificata esperienza della struttura ospedaliera in queste specialità. Una volta individuati i centri cardiochirurgici che entrano nella rete delle emergenze cardiovascolari non può non essere condivisibile anche la osservazione del professor Cotrufo che bisogna garantire a questi indispensabili risorse economiche. *Presidente Mediterranea Struttura Ospedaliera Alta Specialità Direttore Centro Cuore e U.O. Cardiochirurgia
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Il Mattino