Chiaia, due donne hanno assistito all’omicidio Materazzo

Chiaia, due donne hanno assistito all’omicidio Materazzo
Hanno stabilito un punto di contatto con la Procura e lo hanno fatto con una buona dose di angoscia. Si sentono in dovere di raccontare quanto hanno visto la sera del 28 novembre...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Hanno stabilito un punto di contatto con la Procura e lo hanno fatto con una buona dose di angoscia. Si sentono in dovere di raccontare quanto hanno visto la sera del 28 novembre scorso, lì in viale Maria Cristina di Savoia, ma in questi giorni si sono dovute confrontare con uno stato d’animo comprensibile, umano: la paura. La paura di rimanere coinvolte in un fatto brutto. Una telefonata in Procura, contatti inediti nel corso dell’inchiesta sull’omicidio di Vittorio Materazzo, l’ingegnere ucciso sotto casa in circostanze ancora misteriose. A battere un colpo sono state due donne, che si sono presentate come testimoni oculari del delitto. Dicono di conoscere alcuni particolari relativi all’agguato subìto dal professionista 51enne e alla sua disperata difesa. Un possibile punto di svolta, mentre la famiglia Materazzo firma una nota per la stampa con l’obiettivo di rimarcare due concetti: la convinzione dell’innocenza di Luca, il fratello minore Vittorio, al momento unico indagato in questa vicenda; e la mancanza di divisioni e fratture in seno alla stessa famiglia, a differenza di quanto raccontato nel corso della cronaca dei funerali. A firmare il comunicato sono stati Elena Grande, vedova di Vittorio, ma anche le sorelle della vittima, vale a dire Roberta, Maria Vittoria, Serena e Simona. Una presa di posizione netta, con cui si esprime fiducia nel lavoro degli inquirenti, rimarcando però la propria convinzione nell’innocenza del più giovane della famiglia: «Non è stato Luca ad uccidere Vittorio», scrivono, quasi a voler spingere altrove l’attenzione mediatica e investigativa che dal primo giorno si è abbattuta sul proprio nucleo familiare. 


Ma torniamo ai punti cruciali delle indagini. Inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso, al lavoro i pm Francesca De Renzis e Luisanna Figliolia, c’è attesa per gli esami del Dna, che nei prossimi giorni offriranno un quadro chiaro della posizione di Luca. Intanto, però, si fanno avanti due potenziali testimoni. Sono due donne che hanno immagazzinato alcuni particolari della fine di Vittorio Materazzo. Hanno visto e sentito qualcosa e in questi giorni hanno fatto i conti con la loro coscienza. Hanno atteso i funerali per stabilire contatti con gli inquirenti. Chi conosce bene le due donne, sa che in questi giorni sono state tormentate dal dubbio. Hanno letto i giornali e seguito ogni novità dell’inchiesta, in una vicenda che ha coinvolto persone con cui vivono gomito a gomito. Ai loro congiunti hanno anche confidato di non riuscire a dormire la notte, dopo aver ascoltato quelle urla e dopo aver visto la parte finale del delitto. Ed è così che si sono fatte avanti, consapevoli di custodire elementi di sicuro interesse investigativo: devono aver notato particolari che possono - in un senso e nell’altro - dare un contributo nell’inchiesta sulla morte dell’ingegnere. Intanto, l’attenzione resta concentrata sui test del Dna. Difeso dai penalisti Gaetano e Maria Luigia Inserra, Luca Materazzo rivendica la propria innocenza, si dice estraneo al delitto, finanche disponibile ad offrire un contributo agli inquirenti. L’attenzione resta focalizzata sui reperti trovati in vico Santa Maria della Neve, dove l’assassino si è disfatto di abiti e oggetti usati durante il delitto: c’erano due coltelli da sub (uno dei quali sporco di sangue), due guanti da sub, due giubbini (uno più grande dell’altro), un paio di pantaloni, calzini e slip. Tutto in due buste nere gettate in una sorta di discarica, dove l’assassino si è rifugiato prima di riemergere alla luce, prima di assumere un atteggiamento apparentemente normale e in tono con l’orrore di viale Maria Cristina di Savoia. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA Leggi l'articolo completo su
Il Mattino