Il Covid non è affatto alle spalle per l’economia partenopea. La mappa dei consumi di giugno 2020 - dati di Confcommercio Napoli - parla di cali che raggiungono anche...
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CENTRO DIREZIONALE
L’economia post-Covid è un groviglio di esigenze diverse, talvolta opposte, che deve fare i conti con il nuovo mondo prospettato dalla pandemia, da un lato, e dall’altro con la crisi del vecchio mondo, organizzato su basi sociali e imprenditoriali incompatibili con le innovazioni che si profilano dopo l’estate. Un caso simbolo, al riguardo, è il Centro Direzionale, i cui affari sono messi in ginocchio dallo smart working. Qui il lockdown per certi versi non è mai finito: «Hanno riaperto circa 40 attività su 90 - sospira Enzo Perrotta, tabaccaio - Fatturavamo 13mila euro di tabacchi a settimana prima del virus, ora siamo a 3mila. Per tutti i commercianti di zona è una tragedia economica. Finché non riapriranno a pieno regime gli uffici e il Tribunale, la situazione sarà così. Si è perso l’80% degli incassi. Serve un piano commerciale per il Centro Direzionale. Il sindaco aveva proposto di spostare qui la movida, ma senza creare attrattori è impossibile».
CORSO UMBERTO
La pandemia ha messo in crisi l’organizzazione della società dei consumi, sia per quantità sia per modalità. Se «nel settore alimentare - prosegue Russo - vengono riscoperti i negozi di prossimità o l’economia glocal e anche l’indotto della movida ha retto l’urto del post-lockdown a giugno», per altre tipologie di attività vale il discorso inverso: «Lavoriamo con le cerimonie - spiega Roberto De Laurentiis, presidente del Consorzio Borgo Orefici - ancora ferme. E con la mancanza di liquidità che c’è in giro la gente non si avvicina ai nostri prodotti. Con le dovute distanze, si è riavviata la scuola orafa che accoglie anche ragazzi con situazioni difficili, ma abbiamo incassato l’80% in meno rispetto al giugno 2019». Cali vertiginosi anche lungo il corso Umberto, dove si arriva al «50% in meno di vendite - fa sapere Confcommercio - e si registra un 60% in meno di indotto per ristorazione e negozi al dettaglio tra centro storico e Decumani», zona che risente del calo di turisti e della chiusura dell’Università. «Spostando i saldi ad agosto si pensava di recuperare i mesi di lockdown - sospira Francesco Martone dell’omonimo negozio in corso Umberto dal 1916 - ma i turisti non ci sono e i napoletani vanno in vacanza. I saldi andavano fatti a maggio. Da inizio luglio ci sono state almeno tre chiusure qui, tra cui Alcott e Let’s Go. Se non si sbloccano i cantieri rimarrà sempre un problema nel problema. A giorni, ci dicono, riaprirà parzialmente piazza Nicola Amore».
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VOMERO E CHIAIA
Secondo Confcommercio la decrescita c’è anche tra Vomero e Chiaia, ma si assesta intorno al «30%-40%». «Abbiamo iniziato a lavorare, di fatto, da metà giugno - spiega Roberta Bacarelli dell’omonima boutique di abbigliamento a Chiaia - Da allora il trend è migliorato. Ma siamo lontani dai numeri del 2019. Ci è rimasta tutta la merce di primavera. Qui c’è un pubblico napoletano di professionisti che ha risentito un po’ meno della crisi e continua a spendere. Solo due o tre negozi a Chiaia non hanno riaperto. L’e-commerce per l’abbigliamento l’unico settore in crescita».
CONFCOMMERCIO
All’orizzonte, per la fragile economia napoletana, c’è una data cruciale: la scadenza del divieto di licenziamenti. «Quella sarà la vera prova del nove - conclude Russo - Si sta discutendo della proroga, ma una volta andato via il divieto capiremo se ci si può riprendere dal collasso oppure no: 6 su 10 temono di perdere il lavoro. Se tornerà il virus, il Governo dovrà reagire diversamente, con stimoli ai consumi e liquidità a fondo perduto. Su Napoli i dati parlano di riduzioni medie per pubblici esercizi (stabilimenti balneari, ristoranti, negozi) del 50%-53% a giugno, anche in quartieri come Fuorigrotta, Colli Aminei e Napoli Est. In Italia il 42% delle famiglie ha avuto una riduzione delle entrate e il 25% non ne ha avute».
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Il Mattino