Casa di Mela è stata sgomberata ma per gli anziani che abitavano nella residenza di Fuorigrotta e i loro familiari, continua il travaglio delle preoccupazioni. Dopo...
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La paura condivisa dalla maggior parte dei parenti ora, riguarda «l’impossibilità di poter parlare con i propri cari e di ricevere loro notizie dettagliate». Sergio Colombo che sta seguendo scrupolosamente la vicenda della suocera Linda, solo ieri è riuscito ad avere maggiori informazioni sulle sue condizioni. «In un primo momento, era stata trasportata a Villa Angela dove fino alle ore 17 di venerdì ci avevano comunicato che era in buone condizioni ma, successivamente, siamo venuti a sapere che l’avevano trasferita dalle ore 14 al Pineta Grande senza comunicarcelo» spiega il 59enne napoletano che sta cercando di fare chiarezza su chi avrebbe dovuto avvisarlo tra l’Asl, le cliniche o i gestori di Casa di Mela. «C’è stata una grande confusione - insiste - ieri dopo molte telefonate a vuoto, ci hanno detto che Linda sta bene ma per via dell’Alzheimer, forse sarà trasferita». «Vorremmo essere sicuri che stia seguendo le terapie per la sua malattia - aggiunge Giovanna, figlia di Linda - siamo preoccupati del trasferimento in un reparto psichiatrico perché potrebbe peggiorare il suo stato emotivo».
«Non abbiamo dubbi sul sacrificio degli operatori che sono rimasti nella casa in questi ultimi giorni- assicura Mara Galasso - ma pretendiamo dei chiarimenti su cosa è accaduto». I dubbi che attanagliano i familiari non riguardano solo il caos dei trasferimenti ma, soprattutto, le dinamiche interne alla struttura in via delle Scuole Pie. «Abbiamo saputo che alcuni lavoratori si erano assentati prima dell’esplosione del focolaio, accusando sintomatologie sospette - dicono i parenti - vorremmo informazioni precise sui controlli medici che hanno preceduto la morte del primo anziano». Non solo. «Prima del 29 marzo, avevo notato la voce un po’ roca di Linda che continuava a ripeterci di avere dolori ovunque - raccontano Sergio e Giovanna - in quel momento l’abbiamo attribuito alle sue patologie ma ora cominciamo a nutrire dei dubbi». Se da una parte i familiari ribadiscono «l’eccellenza della struttura e l’ottimo operato dei lavoratori» come riferisce Mara, dall’altra sulla scorta dell’accaduto alcuni familiari, si stanno organizzando per rivolgersi a legali e «capire cosa è accaduto nella struttura».
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Sulla vicenda, la direzione dell’Asl Napoli 1 Centro ha dichiarato di aver «prodotto uno sforzo straordinario per assicurare, in sole 24 ore, l’esito dei tamponi per diagnosticare la positività o meno al Covid-19 sia degli ospiti sia degli operatori, i conseguenziali trasferimenti in strutture tali da assicurare cure adeguate a tutti i pazienti e l’attivazione della sorveglianza domiciliare per la sicurezza degli operatori». «I test di monitoraggio sono stati eseguiti in ottemperanza delle linee guida del Ministero della Salute» si legge ancora nella nota che affronta la questione della presunta mancanza di tamponi necessari «per monitorare i genitori di uno degli operatori de La casa di Mela di Fuorigrotta». L’Asl sostiene di non aver risposto «che non ci sono i tamponi e che occorrono almeno 15 giorni di attesa» evidenziando che «operatori e degenti de La casa di Mela non sono mai stati abbandonati a loro stessi». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino