È ricoverato nell’ospedale Cotugno, don Giuseppe Mazzafaro, 65 anni, segretario particolare del cardinale Crescenzio Sepe, risultato positivo al test del coronavirus....
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Intanto, è arrivato nella tarda serata di ieri il risultato del tampone al quale era stato sottoposto il cardinale Crescenzio Sepe, e anche alcuni tra i suoi più stretti collaboratori, incluse le suore che quotidianamente assistono l’arcivescovo. Tutti negativi, per fortuna. E a palazzo Donnaregina si tira un respiro di sollievo.
I medici della Asl, intanto, da ieri mattina, hanno avviato verifiche e controlli serrati tra il personale dell’arcivescovato per provare a stilare un elenco di chi potrebbe essere stato contagiato da padre Giuseppe. Anche se - fanno sapere i vertici della Curia - era da parecchi giorni che il segretario si trovava a casa in malattia. «Gli uffici della Curia arcivescovile sono già chiusi da due settimane», si legge nella nota diffusa nella mattinata di ieri da Sepe.
Febbre alta, tosse, dolori alle ossa e raffreddore lo avevano convinto a rimanere a casa con la speranza che si trattasse solo di una influenza di stagione. Qualche giorno a letto, nella sua casa di Portici dove Mazzafaro vive con il fratello, e la decisione di attendere l’evoluzione della malattia - così come consigliano i medici degli ospedali presi d’assalto da quando è scoppiata l’emergenza - prima di lanciare l’allarme e rivolgersi al Cotugno per chiedere il tampone. Non c’è stato tempo: lunedì sera il prete è stato portato d’urgenza all’Ospedale del Mare dove è stato sottoposto al tampone per stabilire se si trattasse, o meno, di una infezione da coronavirus. I sintomi, a dire la verità, lasciavano pochi dubbi e il test è risultato subito positivo: da qui il trasferimento immediato all’ospedale Cotugno dove, don Giuseppe, è attualmente ricoverato.
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Un prete gentile, affabile e stimato, Mazzafaro, e non solo dal cardinale Sepe che lo ha nominato suo segretario particolare già alcuni anni fa, ma anche da buona parte degli ambienti ecclesiastici che gli riconoscono doti di grande umanità. Il sacerdote, anche referente napoletano della comunità di Sant’Egidio, è uno di quelli abituati a lavorare sul campo e non si esclude l’ipotesi che abbia contratto il coronavirus proprio durante il “servizio” che offre ai poveri della città. Chi lo conosce lo descrive come un uomo dal grande cuore, sempre pronto a tendere una mano a chi ha bisogno di aiuto. Almeno un paio di sera alla settimana, padre Giuseppe si dedicava alla distribuzione dei pasti ai senza fissa dimora, girando per le strade e le piazze della città a distribuire panini e latte caldo. I medici non escludono l’ipotesi che proprio durante una di queste serate, tra clochard e disperati, il sacerdote abbia potuto contrarre il coronavirus.
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Il Mattino