Coronavirus a Napoli, rischio contagio: paura tra i medici di famiglia

Coronavirus a Napoli, rischio contagio: paura tra i medici di famiglia
È come essere in guerra, ha ribadito ieri il governatore della Campania Vincenzo De Luca, ma in questo conflitto i soldati che stanno in prima linea - medici, infermieri,...

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È come essere in guerra, ha ribadito ieri il governatore della Campania Vincenzo De Luca, ma in questo conflitto i soldati che stanno in prima linea - medici, infermieri, tecnici e operatori sanitari - sono armati di abnegazione, professione e spirito di servizio ma sono male equipaggiati, con poche armi e munizioni centellinate. È questo il primo nodo da sciogliere nella lotta al virus e per evitare che crolli in ospedale il distanziamento sociale eretto contro la disseminazione del contagio. 


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Passi avanti si registrano nel conteggio dei posti letto: dopo l’avvio dei due policlinici (ciascuno con 24 unità ordinarie Covid e il centro gravidanze e pediatrico della Federico II), al Cardarelli è partito ieri il reparto con due ricoveri in terapia intensiva. I posti sono 4 ricavati nelle sale operatorie della palazzina H dell’intramoenia e si arriverà a 8 lunedì. Altrettanti di sub-intensiva sono in allestimento all’ex Ortopedia a cui bisogna aggiungerne 12 per i ricoveri ordinari con una Tac dedicata. Anche il Loreto entro il 2 aprile completerà la disponibilità di 70 posti (di cui 10 in intensiva e 20 in subintensiva). All’Ospedale del Mare continuano i lavori per allestire gli ospedali da campo per le 72 terapie intensive progettate dalla Protezione civile. Il 6 aprile dovrebbe aprire il primo blocco da 24 posti a cui se ne aggiungeranno altri due entro il 20 ma già ci si chiede se la dotazione dei 10 anestesisti per turno (50 almeno) sia reperibile visto che l’ospedale del mare ne ha in totale 37. all’Asl Na2 sono attivi 4 posti rianimativi e una dozzina di sub intensiva tra Giugliano, Frattamaggiore e Pozzuoli, due a Ischia. A Boscotrecase (Asl Na3), riconvertito in Covid hospital sono ricoverati 41 pazienti, 7 intubati e 34 in subintensiva. Una decina potrebbero guarire e lasciare la struttura nei prossimi giorni. 
 
Nella guerra contro il virus si inizia a capire che conta più la qualità più che la quantità. Servono tute, dispositivi fp2 ed fp3, rifornimenti e protezioni a norma, idonei al rischio da virus. Occorre anche formazione sul corretto utilizzo (potrebbe essere fatta a distanza da unità esperte del Cotugno o da Franco Faella ex primario e consulente a Napoli 1). Gli ospedali sono oggi la principale fronte del contagio, qui i camici bianchi più esposti si ammalano, muoiono, sguarniscono le prime linee e fanno da breccia per la disseminazione del virus. «Per venirne a capo - dicono i medici - bisogna procedere con ordine: creare una linea dedicata per effettuare i tamponi ed isolare rapidamente i positivi, sintomatici o meno. Separare nettamente i luoghi fisici in cui si curano i pazienti Covid positivi (in base ai livelli di gravità) e quelli negativi. Quindi razionalizzare la rete delle cure». Nei presidi delle Asl, come San Paolo, Pellegrini e San Giovanni Bosco, le corsie sono pressoché deserte ma arrivano i Covid e restano in osservazione per giorni. Anche la medicina del territorio è in gravi difficoltà e senza tute e mascherine i medici di famiglia e i pediatri hanno difficoltà a svolgere correttamente la loro funzione filtro e di sorveglianza, tanto che alcuni hanno improvvisato sportelli con le finestre da cui calano le ricette.
 

Nervi saldi, ha detto De Luca ma «nella cabina di regia regionale abbiamo ogni tipo di figura ma mancano i medici ospedalieri che sono in prima linea» tuona Vincenzo Bencivenga, segretario regionale dell’Anaao sindacato di categoria. In una lettera inviata ieri al Governatore Bencivenga elenca la mappa delle carenze. La falla è profonda, la piaga estesa. «Si è perso il controllo del paziente Covid, non di quello che vaga nelle strade inconsapevole ma di quello accertato che entra in ospedale. Molti manager non sono riusciti, a distanza di un mese, a realizzare percorsi separati per l’incolumità dei pazienti e dei sanitari non ancora contagiati. L’organizzazione ospedaliera regionale campana è fallace - conclude - esattamente come quella di Codogno e ha creato promiscuità incomprensibili tra infetti e non infetti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino