Se una notte di primavera un viaggiatore si fosse trovato a Napoli nel bel mezzo dell’aftershow di Damien Rice nei giardinetti di via Ruoppolo avrebbe gioito di una naturalezza...
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Sino a chiedere ai suoi nuovi amici l’omaggio di una canzone «napoletana, di tradizione». Un attimo di incertezza - quale brano scegliere? siamo certi di conoscere tutti i versi? o facciamo una brutta figura persino sulle note di «’O sole mio» o di «’O surdato ‘nnammurato»? - poi, guidati da Massimo De Vita, il leader dei Blindur, eccoli sintonizzare idee ed accordare voci, optando per «Quanno chiove», serenata scritta da Pino Daniele per una puttana del centro storico.
Sorrisi e canzoni, insomma: tu chiamale, se vuoi, emozioni, quasi a sperare «di mai più tornare/ nell’intronata routine/ del cantar leggero/ l’amore sul serio» (copyright Panella per Battisti), che per una notte l’amore è roba seria, quella del traditional irlandese «Black is the colour» intonata nell’aftershow, quella di «The famous blue raincoat», perla coheniana intonata in teatro - tra una «Cheers darlin’» e una «My favourite faded fantasy», tra l’iniziale «Delicate» e «Volcano» - proprio per riflettere su che cosa sia, e non sia, davvero l’amore. Una versione lenta, persino più dell’originale capolavoro del supremo Leonard.
Per tutti, in teatro e ai giardinetti, Damien aveva abbracci. Autografi e fotografie no, per favore, spiegava, ma lasciatevi abbracciare. E poi c’era la causa per cui era stato organizzato il concerto, a sostegno del progetto - e del crowdfunding - «Breath», lanciata dallo street artist Escif per riforestare, con cinquemila alberi, il monte Olivella in Cilento, ed evitare ulteriori inondazioni nelle aree circostanti. Ma non di semplice riforestazione si tratterebbe: Escif conta di «piegare» la piantumazione in un «enorme disegno organico di una batteria, che simboleggia il rinnovamento e la rigenerazione di se stessa».
Insomma, tenera, e alticcia, era la notte di Rice e dei suoi fans, c’era anche una ragazza arrivata da Parigi e disperata perché non era riuscita a trovare il biglietto, chissà se poi l’hanno fatta entrare, se almeno si è ritrovata con i fortunati dell’aftershow, quando Damien si è divertito anche a ballare con un paio di graziose estimatrici della sua delicata discografia e ha usato uno smartphone per leggere il testo di «Higher & dry» dei Radiohead prima di dividerlo con Massimo «Blindur», che già in sala aveva avuto l’onore dei riflettori per «Era de maggio».
All’Acacia l’unico incidente di percorso di una permanenza napoletana che potrebbe preludere a un bis prossimo, anche in grande stile. Giovedì pomeriggio il quarantatreenne songwriter di Celbridge aveva tentato di entrare in teatro, per vedere lo spazio in cui avrebbe dovuto cantare la sera successiva, ma la manager di Ermal Meta, protagonista su quel palco di un’applaudita due giorni, non ha voluto sentire spiegazioni, almeno sino a quando è stato lo stesso cantautore di origini albanesi a spiegarle di essere «onorato» di quella visita e ha chiesto scusa per lei, chiedendo di incontrare il collega così prestigioso e gentile (si è visto pure un pezzo dello show del ragazzo di «Vietato morire»). Tutte storie da raccontare, se una notte di primavera un viaggiatore...
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Il Mattino