Dema, Mangiafuoco e il deserto della politica

Dema, Mangiafuoco e il deserto della politica
Mentre il sindaco De Magistris arringava la folla contro lo Stato-Mangiafuoco che strangola Napoli e spezza le ossa ai cittadini (proprio come l’eroe dannato della canzone...

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Mentre il sindaco De Magistris arringava la folla contro lo Stato-Mangiafuoco che strangola Napoli e spezza le ossa ai cittadini (proprio come l’eroe dannato della canzone di Edoardo Bennato), a poche centinaia di metri di distanza emergevano tutte le contraddizioni dell’altra «piazza», ovvero del variegato assemblement degli anti-Dema, i quali, già pochini, sono riusciti pure a litigare al proprio interno. Era inevitabile che accadesse: all’arrivo dei militanti di CasaPound e di Forza Nuova, dunque della destra più estrema, i militanti del Pd hanno deciso di andarsene: «Ci sono i fascisti, lasciamo la piazza!». 

Diciamo la verità, non è stata una giornata di grandi numeri, né dall’una né dall’altra parte. Se Dema poteva contare sulla mobilitazione di un apparato più o meno organizzato, gli anti-Dema alla prova dei fatti - cioè della piazza - hanno rivelato tutta la propria debolezza. È una debolezza che, sia chiaro, non toglie né dignità né valore all’impegno civile di quanti hanno deciso di dar vita alla contromanifestazione, ma dimostra quanto fallace e poco lungimirante sia stata l’idea della prova di forza. Questa debolezza è anche l’emblema di un deserto politico. La stessa capogruppo in consiglio comunale del Pd, Valeria Valente, aveva messo due chilometri di mani avanti: sarà David contro Golia, sarà una partita difficile, sui numeri la perderemo, aveva pronosticato la parlamentare. 
La verità è che la sfida frontale, inutile e suicida delle «due piazze» ha consentito a Dema di ergersi a salvatore della patria facendo emergere le contraddizioni dei suoi avversari, e tenendo ben nascoste le proprie. Come ha bene argomentato ieri sul Mattino Adolfo Scotto di Luzio, è abbastanza singolare che in questo quadro - città in predissesto, conti in rosso, sforzo di Sisifo per affrontare un debito ingiusto - resti piuttosto nell’ombra la responsabilità degli amministratori locali. I quali, lungi dal riconoscere che la politica a Napoli è fallita, come sono falliti tutti i tentativi di ripartenza virtuosa delle società partecipate, del trasporto pubblico, dei servizi essenziali, continuano a urlare contro Mangiafuoco che «non fa tanti complimenti/chi non balla o balla male/lui lo manda in ospedale».

Un copione noto, che serve soprattutto a rilanciare mediaticamente l’immagine di una città ribelle, scomoda e invisa al governo e in generale ai poteri forti. Quanto alla scarsa capacità di aggregazione e di mobilitazione delle cinquanta associazioni che hanno scelto la prova muscolare della piazza per manifestare contro il sindaco, c’è da registrare soprattutto la loro scarsa capacità di superare la dimensione virtuale dì Facebook, di passare dai «like» al progetto politico. A riprova del fatto che scegliere la prova di forza è stato un errore, se di questa forza non si dispone o quantomeno non nelle dimensioni auspicate. E se tutt’intorno la desertificazione della politica avanza. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino