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Mettiamola, allora, così: la sconfitta con lo Spartak Mosca è da catalogare come incidente di percorso. Perché a Firenze - almeno dalla mezz’ora in poi, dopo un avvio complicato - è stato quello bello e convincente visto fino a quella gara di Europa League. Quando il gioco si è fatto duro, i duri si sono fatti subito vedere e hanno ribaltato la partita difendendo il primato in classifica. La caduta di giovedì al Maradona aveva lasciato qualche segno: non così profondi, eppure sufficienti per indurre gli uomini di Spalletti a non azzardare e a non alzare il ritmo, preferendo il lancio lungo su Osimhen all’azione manovrata. C’è stato un errore sull’angolo che ha portato in vantaggio i viola, Fabian si è dimenticato di Vlahovic che ha fatto da sponda per Martinez Quarta, poi costretto ad affondare l’incontenibile Victor in area.
È qui che è cambiata la gara: Lozano ha pareggiato, a inizio ripresa il raddoppio di Rrahmani con un colpo di testa perfetto sugli sviluppi della punizione di Zielinski, settimo gol su palla inattiva, altra giocata preparata da Spalletti sul prato di Castel Volturno.
Si è rivista fortunamente subito la maturità che era stata riconosciuta al Napoli quando era schizzato, a sorpresa, al comando della classifica, dove è saldamente dopo sette giornate. Alle sue spalle vi sono rallentamenti e accelerazioni, invece il cammino del gruppo di Luciano è senza pause, almeno in campionato, dove più conta non avere pause. La compattezza, oltre al talento di singoli straordinari come Insigne e Osimhen, è l’arma per difendere il primato, o comunque per assicurarsi la qualificazione Champions. Lo sbuffo di capitan Lorenzo (il rigore sbagliato non ne intacca la prova) al momento del cambio con Demme non è un caso, non deve esserlo soprattutto in questo bel momento che coincide con l’apertura della trattativa per il rinnovo del contratto: è facile comprendere il senso della mossa di Spalletti che doveva rafforzare la mediana. Un caso, l’ennesimo, è invece il coro razzista che a fine partita ha dovuto ascoltare Koulibaly. Purtroppo niente cambia e, al contrario di quanto pensa il fiorentino Spalletti, questo non è un pubblico che ha una sana passione per il calcio perché oltraggia i suoi interpreti per il colore della pelle e non delal maglia.
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