G20, un'economia green davvero per tutti

G20, un'economia green davvero per tutti
Da domani a venerdì, come evidente dallo spiegamento di forze di polizia e dai blocchi al traffico messi in atto, la capitale partenopea ospita a Palazzo Reale il summit...

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Da domani a venerdì, come evidente dallo spiegamento di forze di polizia e dai blocchi al traffico messi in atto, la capitale partenopea ospita a Palazzo Reale il summit del G20 sul clima e sull’energia. L’evento è presieduto dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. Le giornate sono caratterizzate da una serie di incontri istituzionali per discutere delle politiche ambientali per i cambiamenti climatici e per rilanciare l’economia nella fase post-pandemica, che si spera arrivi presto, avendo come stella polare del dibattito l’obiettivo di assicurare una forte ripresa economica inclusiva e sostenibile. 

Sebbene, dunque, si prospetta una cornice da contorni animati da buone, anzi ottime intenzioni, che paiono raccogliere anche i movimenti dal basso e soprattutto i movimenti giovanili stimolati da Greta Thunberg, non mancano annunci di contestazioni. Al di là di questi ultimi, probabilmente neanche così tanto motivati e ragionati, resta una reale necessità di operare riflessioni profonde sui contrasti chiaroscuri delle strategie globalizzanti, sui reali benefici che esse apportano e sulla loro eventuale universalità non viziata da discriminazioni geografiche.

Mai come ora il tema è caldo, non solo in senso proprio letterale per le dinamiche del clima che riguardano l’intero pianeta, ma anche perché questa pandemia che ancora ci avvolge in pieno ha ignorato e continua a ignorare confini geografici. La pandemia è stata, infatti, la forma di globalizzazione più rapida e intensa di tutte le diverse forme alternative che si sono avute negli ultimi due secoli e che sono state caratterizzate progressivamente da scambi di merci, spostamenti di persone, trasferimenti di fondi di investimento e di dati. A differenza di logiche passate, laddove attualmente non interviene lo spirito altruistico subentra la paura ed almeno in virtù di questa i Paesi leader si preoccupano o meglio si devono preoccupare di aiutare quelli meno sviluppati e quelli emergenti impossibilitati ad implementare misure contro-reattive rapide ed efficaci. Ecco allora che si pensa a strategie globali per una economia più green e in grado di coinvolgere tutti i Paesi. Ovviamente si cercano modi nuovi da applicare a paradigmi consolidati.

La globalizzazione è, infatti, un processo di long durée iniziato, secondo quella che è nota come prima globalizzazione, negli anni ‘60 dell’800 quando il sistema inglese divenne il fulcro del dominio di scambi atlantici, che va dalla abolizione legge del grano cioè dall’avvio liberismo fino alla Prima guerra mondiale. La circolazione delle merci e delle persone diventava più semplice grazie agli sviluppi tecnologici nei trasporti della I Rivoluzione industriale che andava a concludersi e quelli ottenuti dall’inizio della II Rivoluzione industriale. Sono, pertanto, ravvisabili due correnti di pensiero, quelli che considerano la globalizzazione attuale non significativa ma una fase di un processo più vecchio e che considera un fenomeno fisiologico l’evoluzione verso sistemi sempre più interconnessi e un’altra corrente che considera invece particolare tale momento attuale, dove clima ed economia verde possono fungerne da sua cifra distintiva.

Seguendo poi un parallelismo storico, la tendenza alla chiusura degli Stati provocata dalla pandemia è assimilabile alla successiva fase di globalizzazione che si ebbe dopo la prima che risulta essere relativa al ritorno ai nazionalismi interbellici che segnarono il periodo tra le due grandi guerre mondiali. Analogamente i proponimenti di questi eventi G20 rievocano la terza fase della globalizzazione, che si ebbe dopo il secondo conflitto bellico con la conferenza di Bretton Woods, dove furono istituiti il Fmi e la Banca mondiale, e che giunse fino agli anni ’80, avendo come mainstream operativo la convergenza globale sui temi di interesse planetario in difesa degli stati più deboli. La chiave di lettura degli avvenimenti passati, come quelli attuali, resta quindi sempre la stessa che ha visto contrapporsi ideologie contrarie a queste dinamiche di tipo top-down, dai Paesi forti a quelli deboli, anche se con nobili fini almeno dichiarati tali, a quelle favorevoli in nome di un auspicato miglioramento generale, emblematicamente sintetizzabile nella frase di kennedyana memoria “l’alta marea alza tutte le barche”. 

Difronte a questi eventi G degli Stati leader, la società civile deve esercitare un ruolo attivo con il compito di attenzione su questi temi, senza subirli passivamente, e ponendo quindi sempre un punto interrogativo critico davanti alla domanda se una economia più green e sostenibile lo possa diventare davvero per tutti.

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Il Mattino