Giancarlo e la memoria lunga dei giovani

Giancarlo e la memoria lunga dei giovani
Non ho mai conosciuto di persona Giancarlo Siani e me ne rammarico molto, soprattutto perché mi sarebbe piaciuto vederlo sorridere, sentire raccontare le sue inchieste...

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Non ho mai conosciuto di persona Giancarlo Siani e me ne rammarico molto, soprattutto perché mi sarebbe piaciuto vederlo sorridere, sentire raccontare le sue inchieste dalla viva voce, ma anche chiacchierare delle nostre vespe e di tante cose più allegre. Ma non posso giurare che non ci siamo almeno sentiti al telefono...


Quando il fratello Paolo trovò la sua agendina nel cruscotto della Mehari, evidentemente “sopravvissuta” alle perquisizioni, la guardammo insieme ed alla voce “mensa bambini proletari”, che avevo fondato con cari amici nel 1972, era segnato il vecchio numero, senza prefisso, che allora non esisteva, “349880”. Certo che mi commossi e non posso più scordarlo. Anch’io ormai, amico stretto di famiglia. 

E da allora per questi 35 anni, Paolo ed io, spesso proprio in vespa, abbiamo raggiunto centinaia di scuole per parlare con i ragazzi di Giancarlo, ma anche per sentire le loro domande urgenti, le loro proposte, la loro voglia di verità e giustizia e di una legalità non fatta di routine, con un po’ di retorica, ma di impegno e corresponsabilità, come proprio loro scrivono nelle lettere raccolte nel volume “Caro Giancarlo...” , che va verso una seconda arricchita edizione. C’è una rassegna stampa che racconta i primi trent’anni e che si può scaricare dal sito della Fondazione “Giancarlo Siani” Onlus, ora presieduta da Gianmario e Ludovica, mentre Paolo, Carmen ed io ancora li accompagniamo. Giancarlo fu barbaramente assassinato il 23 settembre del 1985, ma proprio quell’anno, il 6 maggio, la Regione Campania aveva approvato una legge per la diffusione della cultura della legalità nelle scuole, a cui avevamo lavorato io stesso con Amato Lamberti ed Isaia Sales. 

E quel Centro di Documentazione e Ricerca, ancora oggi operativo con l’acronimo AsCenDeR, aderente a Libera dalla sua fondazione, implementò i primi lavori delle scuole dedicati a quel giovane giornalista, di cui sembrava si ricordassero solo gli studenti, come scrisse Luigi Vicinanza sull’Unità e come spesso ammoniva Pietro Gargano dalle colonne del Mattino. Poi la riapertura delle indagini, il lungo lavoro di Armando D’Alterio, con i suoi fidatissimi Auricchio e Troiano, i reportage di Giampaolo Longo e Pietro Perone.

È bello che il Mattino pubblichi e diffonda in così gran numero di copie una selezione di articoli tratti dalla raccolta completa di “Parole di una vita. Gli scritti giornalistici di Giancarlo Siani”, IODedizioni, nel libro che accompagnerà il giornale del 23 settembre, col titolo un po’ enfatico, ma pregnante, “Giancarlo Siani, giornalista-giornalista”. Una bella espressione, usata da Marco Risi in “Fortapàsc” e che può andar bene per qualunque professione o lavoro vissuto con scrupolo, serietà e passione, come Giancarlo faceva il suo. 

Ed è affascinante veder emergere prepotentemente quell’amore per il mestiere di giornalista, versato nelle delicate inchieste sulla camorra ed il malaffare, la corruzione politica e la complicità di ambienti imprenditoriali, ma anche capace di dar voce ai diritti dei lavoratori, al mondo della scuola, alle proteste degli studenti. È bello che le sue inchieste ispirino ancora studi e ricerche come quella su “Torre Annunziata tra camorra e deindustrializzazione”, di Simona Melorio e Vincenzo Sbrizzi, promossa dal Centro ReS Incorrupta dell’Università Suor Orsola Benincasa, a cui andrà un riconoscimento del “Premio Siani 2020”; così come agli autori di libri importanti, quali “L’amore non basta” di Luigi Ciotti, “Il treno dei bambini”, di Viola Ardone e “Dietro l’angolo, c’è ancora strada. Per un lessico nisidiano” , di Maria Franco. Ed è importantissimo che l’OdG nazionale, con Carlo Verna e l’OdG regionale, con Ottavio Lucarelli, consegnino alla famiglia Siani quel “Tesserino bordeaux” per i giornalisti professionisti, intitolato a lui.

“Scusa il ritardo, Giancà” - dice Pietro Gargano e siamo d’accordo. Ma sono convinto che lui ne sorrida. Sono 35 anni, ma sembra ieri. Il dolore non passa mai, ma mentre il nome dei suoi carnefici si disperde, il suo vive quasi ogni giorno nelle mille attività dei ragazzi nelle scuole e non solo negli anniversari.

Questo libro e le altre pubblicazioni ci aiuteranno e ci accompagneranno ancora a lungo. Grazie


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Il Mattino