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Giorgia Meloni è sola. Quando la sera tutti sono andati via e lei può guardare quel che resta del tramonto dallo studio panoramico all’attico di Montecitorio le piomba addosso la fatale contraddizione del momento: scegliere i Migliori senza fracassare l’alleanza di centrodestra.
Non è vero che i tecnici siano sempre migliori dei politici. Ne abbiamo avuto di eccellenti e di pessimi. Nella Prima Repubblica esistevano quasi soltanto nei governi “balneari”. O comunque quei governi che duravano giusto un soffio per separare una fase politica dall’altra. Era inconcepibile che navigati politici di professione cedessero potere a professionisti di fama. E se prima delle elezioni del ’48 De Gasperi chiamò Luigi Einaudi al Bilancio era per l’eccezionale caratura internazionale dell’economista.
Nella Seconda abbiamo avuto addirittura tre presidenti del Consiglio tecnici (Dini, Ciampi e Draghi) a testimonianza della debolezza della politica.
Giorgia Meloni sarà un presidente del Consiglio diverso dagli altri. Non perché sia la prima donna a occupare quell’incarico nella storia della Repubblica, ma perché è il primo premier di destra che ha vinto con largo margine le elezioni restando coerentemente all’opposizione anche quando i suoi alleati di centrodestra erano al governo. Quel che è stato generosamente perdonato agli altri non lo sarebbe a lei. Per questo vuole dimostrare che i Migliori – senza ironia – possono sedere anche in un consiglio dei ministri presieduto da una donna di destra.
Perciò alla ricerca di persone di alta caratura guarda anche al di fuori del suo partito e dei partiti alleati. Nascono qui i problemi. È difficile spiegare a legittimi aspiranti di Fratelli d’Italia che debbono aspettare ancora un giro perché la loro leader vuole qualcuno più bravo. E a maggior ragione spiegare la stessa cosa a Salvini e Berlusconi.
La Meloni deve mettere agli Esteri e agli Affari europei due persone di riconosciuta statura internazionale che si identifichino totalmente in lei e la garantiscano completamente (De Gasperi tenne presidenza e Esteri per due anni). Perché oggi più che mai il vero ministro degli Esteri è il premier o il presidente della Repubblica (Chi conosceva ieri il ministro degli Esteri della Merkel? Chi conosce oggi quello di Macron?). Salvini sa che non andrà all’Interno e rivendica quel ruolo per trattare meglio sul resto. Concorderà con la Meloni per il Viminale una personalità di cui entrambi si fidino completamente. Un tecnico andrà certamente all’Economia. È lodevole il tentativo di recuperare con un ruolo importante all’Energia Roberto Cingolani. E anche in altri ministeri molte attese andranno fatalmente deluse. Perché la faccia di Giorgia Meloni starà dappertutto. E lei non vuole perderla.
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Il Mattino