Chi sarà il candidato del centrosinistra alla Regione Campania? Non pervenuto. E il centrodestra riconfermerà Stefano Caldoro? E chi lo sa? Quale sarà il quorum da raggiungere...
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Il Paese sta provando a ripartire, mentre la Campania continua a stare in coda, a dibattersi in un delirio di chiacchiere e tabacchiere.
A Montecitorio, spiegano gli addetti ai lavori, sarebbe addirittura nato il Partito della Nazione, che, nonostante qualche franco tiratore e scarsi maldipancia, riesce ad eleggere un nuovo presidente della Repubblica, sfiorando la maggioranza qualificata dei due terzi. Eppure, apparentemente, tutti contro tutti. Nell’ora delle decisioni, della scelta dell’arbitro, si cambia marcia, si prova a spiccare il volo. In Campania, invece, siamo alle prese con il last minute, ma un last minute costosissimo, che ci fa perdere tempo e restare a terra. Non si decolla, perché manca sempre un beauty case da imbarcare.
Il Partito democratico, affidato ad Assunta Tartaglione, tartaglia, rinviando le primarie, sognando di non doverle fare per non rivivere l’incubo di quelle del 2011 per il Comune di Napoli che consentirono a Luigi de Magistris di scassare un quadro politico già a pezzi. Nel centrodestra, Stefano Caldoro potrebbe dare lezioni di recitazione ad Amleto. Lo dico o non lo dico? Mi faccio avanti o sto zitto, aspettando che mi chiamino? È più nobile nella mente soffrire i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni? Ma non è una tragedia di Shakespeare. Prevale l’assurdo di Samuel Beckett che aspetta Godot. Il dibattito sullo sbarramento elettorale è addirittura surreale, un gioco di conti da lavandaie, di guerricciole fratricide, di spaccature trasversali, di paure e di convitati di pietra più evocati che reali. Danno i numeri: il cinque, l’otto, il dieci. Sperando, poi, di avere i numeri.
A Roma, con una spruzzata di profumo di Prima Repubblica, stanno costruendo la Terza Repubblica. A Napoli, la Prima Repubblica non si scorda mai, compresa la pratica indecente delle assunzioni di fine legislatura. A Roma, forse è partito il treno del cambiamento, la carrozza s’è mossa. E in tanti, all’ultimo minuto hanno obliterato il biglietto giusto che gli permette di restare in corsa. A Napoli, tiene ancora banco il carrozzone, sul quale sembrano viaggiare solo portoghesi, ignari della meta, attenti solo a non perdere il posto a sedere. Indecisi a tutto, per conservare tutto. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino