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Due mesi di indagini per conoscere meglio il fondale della caldera dei Campi Flegrei. Da gennaio e per circa due mesi, l’Istituto di Geofisica e Vulcanologia avvierà un progetto di rilevazione di un’area di circa 32 chilometri quadrati ubicata nel golfo di Pozzuoli in cui realizzare numerose attività di monitoraggio. Si tratta principalmente di acquisire i dati sulla deformazione del suolo in questa zona per poi confrontarli con quelli dell’ultima rilevazione eseguita nel 2013.
Inoltre, saranno «installate nuove e ulteriori strumentazioni per integrare quelle esistenti, per monitorare l’attività sismica e le emissioni idrotermali» come ha spiegato il direttore dell’osservatorio Vesuviano Ingv Mauro Antonio Di Vito. Le fumarole sottomarine, tutte già campionate e monitorate con altri strumenti, stavolta avranno ulteriori occhi che forniranno informazioni utili alla comprensione della dinamica dei Campi Flegrei. «È la prima volta che si fa una mappatura con obiettivo tutte le emissioni gassose nel golfo di Pozzuoli» ha precisato il direttore Di Vito. Il progetto non rientra nelle ulteriori attività di monitoraggio richieste dalla Commissione Grandi Rischi a fine ottobre, ma era già programmato da tempo dall’Ingv e finanziato con fondi già esistenti.
La caldera dei Campi Flegrei è un’area vulcanica che ha la parte centrale nel golfo di Pozzuoli. La deformazione del suolo a terra è monitorata in tempo reale dal sistema di sorveglianza dell’OV ma i sistemi di rilevamento della deformazione a mare sono meno puntuali e avvengono solo attraverso profili sismici.
A tal fine, nel 2013 fu eseguita la rilevazione sottomarina RICAMAR2013.
«La campagna inizierà ai primi di gennaio e durerà un paio di mesi, dipende dalle condizioni meteo e marine, ma è ovvio che dovevamo farla quando c’è meno traffico nel golfo, per avere una continuità di acquisizione dei dati. A essere coinvolta è tutta la componente geochimica dell’OV, circa 12-13 persone» ha continuato Di Vito. L’elaborazione dei dati è praticamente «in tempo reale. Per la prima volta eseguiremo una mappatura delle emissioni gassose con il ROV, un robot filoguidato che ci permette di vedere fino a grandi profondità, e ci consentirà di osservare direttamente le emissioni delle fumarole attive».
In questi dieci anni, però, l’INGV di certo non è stato con le mani in mano e ha studiato anche altri tratti di mare. Oltre alla rete di sorveglianza marina MEDUSA (utile per misure di deformazioni nel golfo) sono state eseguite altre tipologie di sondaggi sottomarini che hanno portato alla luce interessanti informazioni, come lo studio pubblicato su Nature nel 2016 relativo alla campagna SAFE2014.
Si rilevò una struttura circolare sottomarina rigonfiata a 5 chilometri a sud del porto di Napoli e 3 chilometri a sud-est di Posillipo, tecnicamente definita duomo, contenente numerosi tumuli (ossia dei rilievi cupoliformi), piccoli crateri e conetti di sabbia che si è formato per la risalita, tuttora attiva e comunque più recente di 12mila anni, di gas di origine profonda (mantello) e crostale. Inoltre nel 2015, al largo di Pozzuoli con il Progetto Monica furono individuate nuove fumarole marine ed eseguito un rilievo batimetrico del fondale marino della baia di Pozzuoli.
Il Mattino