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Il primo round con la giustizia sportiva, per la gara non giocata con la Juve, è stato perso dal Napoli. Ingiustamente.
Perché il consigliere di Stato Gerardo Mastrandrea, giudice sportivo della Lega Serie A, non ha considerato reale la causa di forza maggiore che aveva obbligato gli azzurri a non partire per giocare la partita del 4 ottobre a Torino, contro la Juve. Il documento della Asl Napoli 2 Nord che chiariva l’impossibilità a muoversi non è stato ritenuto sufficiente per disporre il rinvio della gara. Anzi. Mastrandrea ha firmato un verdetto politico e non tecnico, perché la posizione delle istituzioni - Lega Serie A e Federcalcio - era stata chiarissima fin dalle prime battute: il Napoli ha commesso una irregolarità non presentandosi a Torino e va punito. Ed è quello che in primo grado è accaduto. Il club di De Laurentiis ricorrerà alla Corte sportiva d’appello della Figc e, dopo un passaggio al Collegio di garanzia del Coni, potrebbe muovere anche in direzione del Tar per ottenere giustizia, cioè l’accoglimento della richiesta di giocare la partita contro la Juve e di non perderla a tavolino, peraltro con la penalizzazione di un punto.
Il giudice Mastrandrea non è entrato nel merito dei poteri della Asl perché a lui «è preclusa la valutazione sulla legittimità di atti e provvedimenti delle Autorità sanitarie statali e territoriali». Lo faranno altri giudici, che non potranno che ribadire che un provvedimento della Asl è un atto amministrativo e autoritativo di piena e immediata efficacia. Il giudice sportivo contesta al Napoli di aver “sollecitato” l’intervento della Asl Napoli 2 Nord domenica 4, nella mattinata della partita (si giocava a Torino alle ore 20.45), quando - la sua tesi - aveva già deciso di non partire.
Il Napoli era tenuto ad attenersi alle disposizioni della Asl perché avrebbe altrimenti rischiato una denuncia. E, comunque, la prudenza di De Laurentiis e del suo staff, alla luce del contagio di Zielinski e di un collaboratore tecnico, era più che giustificata perché sabato 3 il numero dei positivi del Genoa - squadra affrontata dagli azzurri domenica 26 settembre - era salito a 17. Le preoccupazioni avrebbero dovuto essere condivise dalla Juve, che invece aveva subito puntualizzato che si sarebbe presentata allo stadio per giocare. Ancor prima del comunicato della Lega Serie A: una tempistica a dir poco sospetta ma solo per chi non conosce i rapporti di forza in quell’ambiente. C’è stata la sgradevolissima, purtroppo non nuova, sensazione che il Napoli fosse finito sotto processo ancor prima che il giudice Mastrandrea istruisse il suo. La società di De Laurentiis si sarebbe sottratta, secondo questa sentenza, al rispetto di un protocollo che sta vacillando e deve essere rivisto anche secondo il presidente della Federazione dei medici sportivi, Maurizio Casasco, peraltro consigliere indipendente della Lega Serie A.
Alla fine, la sentenza è stata più sulle intenzioni che sui reati - ovviamente sportivi - del Napoli, che non avrà timore ad affrontare i prossimi gradi di giudizio con De Laurentiis, il suo più tenace avvocato. Ci saranno giudici che prenderanno in considerazione il “peso” di un provvedimento delle Asl in un momento di grave emergenza sanitaria, anche per il calcio che continua a contare contagiati. Ieri ne sono emersi quattro nel Parma e in isolamento fiduciario è finita anche la Juventus, dopo che è stato scoperto positivo McKennie, il giorno dopo il caso Cristiano Ronaldo. Le forze politiche del calcio dovrebbero impegnarsi per studiare un modello efficace affinché i campionati possano andare avanti, non limitandosi ad esigere il rispetto di un protocollo che il Napoli non ha seguito - dopo un’ordinanza della Asl - perché fortemente preoccupato per la salute dei suoi giocatori. Ma anche questo evidentemente non è tollerato da chi governa oggi il calcio.
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