La farsa dei test nell’Italia senza medici

La farsa dei test nell’Italia senza medici
Riparte la corsa alle facoltà di Medicina, in vista dei test di ammissione previsti per il prossimo mese di settembre. Che cosa è cambiato dopo un anno di polemiche e di...

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Riparte la corsa alle facoltà di Medicina, in vista dei test di ammissione previsti per il prossimo mese di settembre. Che cosa è cambiato dopo un anno di polemiche e di promesse? Nulla, se non alcune cose in peggio, specie per i giovani aspiranti a questi corsi di studio.




Ci avevano promesso l'ennesima rivoluzione con l'eliminazione di inutili e sciagurati test da patente più che da università, e ci avevano detto che l'Italia avrebbe adottato il modello francese, dove la selezione esiste ma è calibrata sulla base delle competenze e delle attitudini degli studenti, del merito insomma, e non affidate alla cabala di un quiz.



E invece rivedremo il rito dei test, con una variante, che rasenta la farsa, annunciata dal ministero dell'Istruzione: meno quesiti generalisti e più domande su questioni scientifiche. Non è certo sottraendo una domandina sulla grattachecca di sora Maria (a Roma si è visto anche questo) con un quesito di biologia che si può trasformare una lotteria di paese in una corretta prova di selezione per entrare in una facoltà di Medicina. Se il criterio di ingresso non si tocca, diminuiscono invece i posti disponibili. Altro annuncio del ministero in queste ore: 470 posti in meno, rispetto allo scorso anno, pari al 4 per cento del totale.



Un regalo alle corporazioni dei medici che, preoccupati per la crisi generale, difendono con i denti i fatturati professionali e tendono a diminuire il numero di potenziali, nuovi concorrenti, laddove tutte le statistiche ci dicono che in Italia nei prossimi anni serviranno medici che le università non saranno in grado di formare.



Dunque importeremo anche i dottori, mentre i nostri figli andranno all'estero a cercare lavoro. Intanto questi numeri programmati rischiano di diventare carta straccia di fronte alla slavina degli studenti ammessi alle facoltà di Medicina per via giudiziria. Dopo l'ultima sentenza del Tar del Lazio siamo già ad alcune migliaia, a Napoli, Roma e Bari.



Ed è solo l'inizio, perché i ricorsi pendenti sono un'enormità, ed è difficile immaginare decisioni dissonanti da parte dei vari tribunali amministrativi. Tirando le somme, dopo un anno siamo punto ed a capo. Con l'aggravante che il governo e in particolare il ministro Stefania Giannini sono concentrati da mesi nello scontro, dentro e fuori il Parlamento, per la scuola. E con questo hanno lasciato completamente sguarnito il fronte dell'università.



Dove, lo abbiamo già detto in altre occasioni, non serve annunciare una riforma di sistema all'anno, che diventa anche difficile da assorbire. Bisogna riscoprire, con un lavoro quotidiano e umile, una sana manutenzione, introducendo i correttivi necessari nell'ingranaggio universitario.



Serve inoltre il coraggio di affrontare una battaglia politica contro un sindacato conservatore che vuole (e spesso ci riesce) dettare la linea al partito di maggioranza relativa, il Pd, e contro le corporazioni del Paese che inquinano la scuola, l'università e l'intera società italiana, scambiando legittimi diritti con insopportabili privilegi.



A proposito di test, il modo con il quale quest'anno si è riaperta la corsa alle iscrizioni a Medicina, con cambiamenti irrilevanti o di segno negativo, è una prova sul campo di quanto la modernizzazione dell'Italia sia complicata. E ancora tutta da compiere.
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Il Mattino