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Era una delle tre aree del centro di Napoli che, con la Sanità e i Quartieri Spagnoli, il giudice Corrado Guglielmucci definì «quartieri-stato». Tra quelle zone, c’era la Forcella del clan della famiglia Giuliano, a lungo egemone tra i gruppi della camorra napoletana. Un «governatorato criminale» in cui, osservò con profondo acume il compianto magistrato, i «governati, oltre al benessere, chiedono e hanno sempre chiesto una direzione ideologica soddisfatta da ritualismi collettivi gestiti dalla famiglia-governatorato, come feste pubbliche, funerali, presepi, club calcistici». In uno scenario che ha visto, in progressione, la collaborazione con la giustizia dei capi storici della famiglia Giuliano, i fratelli Luigi, Raffaele, Guglielmo, e il successivo avvicendamento di nuove leve criminali legate a quei nomi da rapporti di parentela diretti o indiretti, quanto di quel clima, di quella cultura, di quella adesione sono davvero alle nostre spalle?
Vent’anni fa, come è stato ricordato ieri nelle manifestazioni ufficiali, l'episodio spartiacque: il tragico omicidio di Annalisa Durante, quattordicenne figlia di Forcella uccisa perché si trovava involontariamente nel mezzo di un sanguinoso regolamento di conti.
Il Mattino