Con le elezioni suppletive napoletane per il collegio 7 del Senato si pone fine all’autosufficenza elettorale del Pd di veltroniana memoria. Per appoggiare la candidatura di...
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L’accordo si fonda dunque sull’asse Pd-DeMa, la formazione del sindaco, e ha costretto tutti gli altri ad accordarsi. Stringente esigenza elettorale ma di cui sfuggono le motivazioni politiche: di colpo i democratici archiviano i pesanti giudizi negativi espressi finora sull’amministrazione napoletana? Una di quelle giravolte che in politica si rischiano di pagare con gli interessi.
Quello che poteva dunque rappresentare una sorta di laboratorio politico anche in vista delle prossime regionali per far rinascere il centrosinistra nel solco del riformismo italiano, ha assunto a Napoli i connotati di un patto stipulato per mera convenienza con l’obiettivo di racimolare voti in un’area della città che in passato ha premiato de Magistris.
Calcoli elettorali ma anche contingenze del momento: l’attuale maggioranza giallorossa si ritrova in Senato con i seggi contati e un solo voto in più potrebbe risultare decisivo nei prossimi mesi per la sopravvivenza del governo. Dalla latitudine romana il patto napoletano è apparso quindi obbligato, ma il prezzo politico per i Democratici, anche in vista di elezioni comunali ormai dietro l’angolo, è altissimo a meno che il Pd non abbia rivisto di colpo il proprio giudizio su questo decennio di guida arancione di Palazzo San Giacomo.
Una scelta che giunge però nel pieno dell’ennesima crisi dei rifiuti che da mesi tiene in ostaggio la città, mentre lo sfascio dell’azienda dei trasporti è sotto gli occhi di tutti, i parchi cittadini restano chiusi e i parcheggiatori abusivi sempre più padroni incontrastati delle strade. Mille mali e nodi politici rilevanti, come le derive populiste dell’ex pm su temi centrali della nostra epoca a partire dall’immigrazione (la flotta di barche a vela nel Golfo).
Contraddizioni che non danno all’intesa raggiunta alcun respiro politico strategico neanche sul piano regionale, men che mai su quello nazionale. Può infatti una futura coalizione di centrosinistra, di cui si sente la mancanza da tredici anni, ripartire dal mondo dell’antagonismo? E soprattutto in che modo, e in quale quota, il riformismo può sentirsi rappresentato in un’alleanza come quella che il 23 febbraio prossimo si sottoporrà al giudizio degli elettori?
È evidente che il nome di Ruotolo, giornalista anti camorra e con alle spalle una storia personale tutta dentro al mondo della sinistra, rappresenta il solo prestigioso collante per un patto in cui il Pd appare ancora come un partito senza orizzonte: a Roma alleato con i grillini, a Napoli con de Magistris e chissà domani con chi. Scelte che indeboliscono sempre più i Democratici sul fronte del variegato, e vasto, mondo dei moderati, ago della bilancia in Campania come altrove.
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Il Mattino