Maradona, Cabrini campione del mondo ma parla con i piedi

Maradona, Cabrini campione del mondo ma parla con i piedi
Noi Diego Armando Maradona lo abbiamo amato di un amore sconfinato e forte - altro che amore malato - e già ci manca, ad altri invece è mancato per tutta la vita,...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Noi Diego Armando Maradona lo abbiamo amato di un amore sconfinato e forte - altro che amore malato - e già ci manca, ad altri invece è mancato per tutta la vita, dai tempi in cui invano l’Avvocato lusingava il Calciatore sventolandogli davanti assegni in bianco. Deve essere per via di questo complesso ancestrale che oggi l’ex calciatore Antonio Cabrini - che per quanto Campione del mondo ex calciatore resta, non maestro di sociologia - tira fuori la strana e ormai stantia questione del pernicioso ambiente napoletano, indicato in questo caso come complice della rovina, e addirittura della morte del nostro Pibe adorato. «Fosse venuto alla Juve sarebbe ancora vivo», azzarda il terzino che pure ai tempi, bello come un attore, aveva contribuito parecchio alla popolarità del calcio tra le fanciulle. Una sciocchezza ma anche una freccia avvelenata, e non contano le scuse dettate poi all’Ansa - «volevo dire che l’ambiente ovattato di Torino l’avrebbe protetto» - perchè Cabrini non può non sapere che il dramma di Diego, la sua condanna a morte è stata la droga: e di droga, purtroppo, è pieno anche l’«ambiente ovattato» di Torino. Un’entrata a gamba tesa su Napoli, insomma, di quelle da cartellino rosso. E che Maradona, se fosse ancora vivo - quanto ci manca anche per questo, Diego il capopolo di una città puntualmente, ingiustamente offesa - liquiderebbe con una punizione delle sue. Sorriso, battuta, gol.


Noi non siamo Maradona, ma come lui amiamo il linguaggio della verità. Perciò non nasconderemo i peccati di un contesto che, allora più di oggi, era capace di allungare spire venefiche sul tessuto sociale. Diego è arrivato a Napoli nel momento storico più difficile dal dopoguerra, quello della faida tra clan, delle mani sui fondi della ricostruzione, delle piazze di spaccio alimentate da fiumi di droga che sbarcavano qui da mezzo mondo. Ma proprio Diego, come è stato ricordato da più parti in questi giorni, ha rappresentato il tassello più significativo della ripartenza. Solo che lui, purtroppo, per ragioni che non dipendevano (o almeno solo in minima parte) dall’«ambiente» ma stavano dentro la sua mente, nelle sue fragilità, nell’emotività latente in un ragazzo straordinariamente talentuoso e troppo improvvisamente ricco, ha cominciato a drogarsi. A «farsi» di coca. A frequentare, certo, contesti sbagliati: non perchè Napoli fosse il regno del male ma perchè lui inseguiva i suoi demoni, assecondava il suo spirito inquieto e ribelle, la sua sete di libertà. Una tragedia personale come purtroppo ne capitano ovunque, a tutte le latitudini. In tutte le famiglie, anche quelle dei quartieri alti, quelle che giudicheresti perfette, di alti valori e profonde tradizioni. Cabrini lo sa, non c’è bisogno che facciamo nomi e cognomi. 


Diego per Napoli è stato un figlio, e come una madre questa città ha coperto il suo Diego, lo ha protetto come e fin dove ha saputo e potuto: magari sbagliando anche, ma a quale madre non capita di sbagliare per troppo amore. Perciò non permetteremo a nessuno di rovinare questa storia, di sporcarla con veleni e sospetti. Con battute a effetto di cui poi pentirsi e per le quali chiedere scusa, che però restano conficcate come coltellate nella carne. Non è vero che Diego sarebbe ancora vivo se fosse andato alla Juventus: solo pensarlo è spietato e fuorviante, piuttosto è molto probabile che la sua favola sarebbe finita molto prima, perché scoprendolo tossicodipendente la società bianconera non avrebbe esitato a liberarsene. Mentre una cosa è certa, Maradona qui è stato felice. Qui ha segnato gol indimenticabili che lo hanno consacrato stella di prima grandezza, ha respirato l’amore dei tifosi e il rispetto dei compagni di squadra, è diventato simbolo e trascinatore, il fuoriclasse che ha portato trofei e scudetti laddove non ne erano mai arrivati, e dove per anni ne sarebbero ancora mancati. Qui Maradona è stato lo scugnizzo che era, qui è caduto e si è rialzato per poi cadere di nuovo, come succede ai grandi, come succede a chi è davvero libero. Non è stata Napoli a uccidere Maradona. E adesso che Maradona è morto, sarebbe ora che si smettesse di provare a far del male a Napoli. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino