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Noi Diego Armando Maradona lo abbiamo amato di un amore sconfinato e forte - altro che amore malato - e già ci manca, ad altri invece è mancato per tutta la vita, dai tempi in cui invano l’Avvocato lusingava il Calciatore sventolandogli davanti assegni in bianco. Deve essere per via di questo complesso ancestrale che oggi l’ex calciatore Antonio Cabrini - che per quanto Campione del mondo ex calciatore resta, non maestro di sociologia - tira fuori la strana e ormai stantia questione del pernicioso ambiente napoletano, indicato in questo caso come complice della rovina, e addirittura della morte del nostro Pibe adorato. «Fosse venuto alla Juve sarebbe ancora vivo», azzarda il terzino che pure ai tempi, bello come un attore, aveva contribuito parecchio alla popolarità del calcio tra le fanciulle. Una sciocchezza ma anche una freccia avvelenata, e non contano le scuse dettate poi all’Ansa - «volevo dire che l’ambiente ovattato di Torino l’avrebbe protetto» - perchè Cabrini non può non sapere che il dramma di Diego, la sua condanna a morte è stata la droga: e di droga, purtroppo, è pieno anche l’«ambiente ovattato» di Torino. Un’entrata a gamba tesa su Napoli, insomma, di quelle da cartellino rosso. E che Maradona, se fosse ancora vivo - quanto ci manca anche per questo, Diego il capopolo di una città puntualmente, ingiustamente offesa - liquiderebbe con una punizione delle sue. Sorriso, battuta, gol.
Noi non siamo Maradona, ma come lui amiamo il linguaggio della verità.
Diego per Napoli è stato un figlio, e come una madre questa città ha coperto il suo Diego, lo ha protetto come e fin dove ha saputo e potuto: magari sbagliando anche, ma a quale madre non capita di sbagliare per troppo amore. Perciò non permetteremo a nessuno di rovinare questa storia, di sporcarla con veleni e sospetti. Con battute a effetto di cui poi pentirsi e per le quali chiedere scusa, che però restano conficcate come coltellate nella carne. Non è vero che Diego sarebbe ancora vivo se fosse andato alla Juventus: solo pensarlo è spietato e fuorviante, piuttosto è molto probabile che la sua favola sarebbe finita molto prima, perché scoprendolo tossicodipendente la società bianconera non avrebbe esitato a liberarsene. Mentre una cosa è certa, Maradona qui è stato felice. Qui ha segnato gol indimenticabili che lo hanno consacrato stella di prima grandezza, ha respirato l’amore dei tifosi e il rispetto dei compagni di squadra, è diventato simbolo e trascinatore, il fuoriclasse che ha portato trofei e scudetti laddove non ne erano mai arrivati, e dove per anni ne sarebbero ancora mancati. Qui Maradona è stato lo scugnizzo che era, qui è caduto e si è rialzato per poi cadere di nuovo, come succede ai grandi, come succede a chi è davvero libero. Non è stata Napoli a uccidere Maradona. E adesso che Maradona è morto, sarebbe ora che si smettesse di provare a far del male a Napoli. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino