Macerie, homeless e erbacce: a Napoli un lungomare discarica

Macerie, homeless e erbacce: a Napoli un lungomare discarica
Al mare, ma tra le macerie. Mentre le istituzioni stabiliscono progetti e cronoprogrammi per il ripristino del Molo di Colonna Spezzata distrutto dalle ormai lontanissime...

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Al mare, ma tra le macerie. Mentre le istituzioni stabiliscono progetti e cronoprogrammi per il ripristino del Molo di Colonna Spezzata distrutto dalle ormai lontanissime mareggiate di fine 2020-inizio 2021, napoletani e turisti si tuffano tra le pietre divelte dell’area a rischio crollo tra piazza Vittoria e via Partenope. Nel centro del centro della Napoli da cartolina, insomma, i bagnanti sembrano i protagonisti di un affresco pompeiano. Si abbronzano dopo l’eruzione e le scosse. Altre scosse, invece, si abbattono sul resto del lungomare, da via Caracciolo a via Partenope, passando per la Villa Comunale e le fontane di Rotonda Diaz, covo di discariche e rave notturni di ragazzini incivili. Tutta la Partenope affacciata sul mare è la casa di clochard, verde arrostito che chiede pietà, erbacce incolte, transenne, flora rigogliosa tra i baffi della scogliera. La cartolina non è solo ingiallita, insomma. È agonizzante. 

Più che un lido, ovviamente ufficioso, l’area al di sotto della Colonna Spezzata sembra uno scavo archeologico. Con asciugamani e braccioli appoggiati sui massi crollati. E con le scale distrutte, come se fossero di epoca romana. Intorno, però, decine di ombrelloni e centinaia di bagnanti di ogni età che sorridono e fanno festa tra le macerie. In realtà, questa fetta di lungomare sarebbe off limits e recintata. Il condizionale è però completamente annichilito dai fatti di una napoletanità che, mentre la burocrazia riflette sul da farsi, si prende i suoi spazi senza aspettare l’ok di nessuno. E senza osservare nessuna legge scritta o non scritta. Le transenne che delimitano il molo, manco a dirlo, sono state piegate “ad arte”, in modo tale che il passaggio, per i bagnanti, sia abbastanza agevole. Chiaro però che i gradini sono più spezzati della Colonna sovrastante, dedicata ai caduti. L’Autorità Portuale, nei giorni scorsi e nel contesto dell’inizio dei lavori all’Arco Borbonico (crollato nello stesso periodo del Molo di cui stiamo raccontando), ha spiegato al Mattino l’intenzione di recuperare a breve questa fetta di litorale. Nell’attesa, però, qui è nato un lido di rovine. La vita estiva che è rinata nonostante le macerie mai riparate. 

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Non solo tuffi nell’area crollata. La spiaggia di Mergellina, pur frequentata da centinaia i bagnanti (stranieri e non stranieri), è ancora un deposito di barche abbandonate, che nessuno - da anni - si prende la briga di trasferire altrove. All’altezza del molo Saint Tropez, che da tempo aspetta un restauro, varie transenne recintano pezzi spaccati di strada. Spaccate sono anche decine di fioriere che costeggiano la Villa Comunale, il Consolato statunitense, piazza Vittoria e la zona pedonale. Ogni fioriera, nel cuore di Napoli, ricorda il deserto piuttosto che il verde. Lungo i baffi della scogliera da Castel dell’Ovo alla Villa Comunale, le discariche non si contano. Sporcizia a non finire anche intorno ai cassonetti o nel mezzo dei marciapiedi. Le fontane di Rotonda Diaz, a pochi passi dal Mappatella, sono né più né meno che un immondezzaio. A giudicare dalla mole di birre e rimasugli vari, qualcuno, nelle scorse ore, ci ha organizzato un vero rave party. Poco più avanti, uno dei tanti homeless che abitano la Napoli turistica ha montato la sua tenda canadese. E non gradisce le foto. La palma e i cespugli intorno alla tenda sono ingialliti e morenti. Invocano pietà, ma nessuno le salva. In riva al mare, al lido Mappatella, sugli scogli affollati dai bagnanti, sia nei pressi dell’Arco Borbonico (finalmente in fase di restyling, dopo un anno e mezzo d’attesa), sia sulla sabbia intorno a Colonna Spezzata, c’è invece una flora rigogliosa. Veri e propri alberi, che sorgono in prossimità degli scarichi a mare, in aree paludose e paludate. L’erba che arranca nei giardini, cresce invece dove non dovrebbe. È la sintesi del solito ordine regolato dal caos: cioè del paradosso, tutto partenopeo, che avvolge anche il lungomare.
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Il Mattino