Il vuoto delle parole ​nel vuoto della politica

Il vuoto delle parole nel vuoto della politica
Il Partito democratico a Napoli ha un nuovo gruppo dirigente. Un segretario provinciale giovane, Marco Sarracino, e un presidente, Paolo Mancuso, che è stato un importante...

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Il Partito democratico a Napoli ha un nuovo gruppo dirigente. Un segretario provinciale giovane, Marco Sarracino, e un presidente, Paolo Mancuso, che è stato un importante magistrato e che oggi vive una nuova stagione della sua vita da uomo politico. Sarà forse per questo, perché la magistratura inquirente esige un rigoroso addestramento nella critica delle fonti e nell’accertamento della loro attendibilità, che Mancuso mostra una decisa insofferenza per l’uso formulare del linguaggio, fino allo svuotamento di ogni significato, tipico della comunicazione politica.


Nell’intervista che entrambi hanno rilasciato a Repubblica Napoli, l’ex magistrato esordisce chiedendo al suo giovane collega di partito di non dire sempre «mettere in campo». È stato un buon inizio e lasciava ben sperare, ma è durato il tempo di una battuta, volato via con la risata che ha suscitato. Per il resto, l’intervista è il vuoto repertorio della stereotipia linguistica che domina ormai senza speranza di riscatto il discorso politico nel nostro Paese. E così, dopo questo avvio promettente, i due si danno il cambio, nella conversazione raccolta da Alessio Gemma, in un susseguirsi di assicurazioni che il Pd «si pone l’obiettivo di accogliere» il popolo di sardine o che deve farsene «contaminare». Si «lanciano» richieste di partecipazione e si dichiara una «voglia di apertura», mentre invece, è il caso di presumere, gli altri partiti chiudono a doppia mandata le porte delle loro sedi e respingono chiunque abbia voglia di partecipare, mostrando per giunta indifferenza per i movimenti che attraversano l’opinione pubblica del Paese. 

Mancuso, dal canto suo, dichiara che il nuovo Pd non rifuggirà dalle proprie responsabilità, mentre Sarracino condurrà una lotta senza frontiere contro le diseguaglianze, assicurando di incrociare lo sviluppo economico con la salvaguardia del pianeta. Con lui, si può stare certi, il Mezzogiorno tornerà centrale per la crescita dell’Italia intera attraverso politiche per il lavoro che metteranno un freno alla desertificazione giovanile, non senza averla definita, prima, la grande emergenza napoletana. Che dire? Si esce da questa intervista senza il conforto di un pensiero. 

Il linguaggio poverissimo di cui è fatta è infarcito di parole e frasi fatte, di formule ascoltate mille volte. Ennesimo ancorché piccolo contributo a quel regno della fuffa che è diventata la politica italiana. Il partito che rappresenta l’ultima ed esausta manifestazione del centro sinistra; a lungo insediato nel sistema di potere meridionale e tuttora al governo di importanti regioni del Sud, al punto da essere pesantemente invischiato in tutti gli intrighi di sottogoverno e nei rapporti criminali che sostengono lo scambio politico e sociale di questa parte d’Italia: ebbene, questo partito si presenta a Napoli, che pure non è una città del tutto irrilevante, con due uomini che appaiono incapaci anche solo di tracciare lo schema di un’analisi possibile. 

Che cos’è successo al Sud in questi anni, all’interno di quale contesto si è prodotto il suo tracollo, sotto l’azione di quali fattori e a quali forze, eventualmente, riagganciare il tentativo di una rimonta possibile, sulla base di programma? Niente di tutto questo. In cambio si ammannisce la solita scipita minestra della società civile, nella forma questa volta di forum tematici aperti alla partecipazione delle altre personalità, cito alla lettera, che rappresentano i mondi scesi in piazza in queste settimane. Chissà perché poi li si debba chiamare così? Trattandosi, in maniera più prosaica ma anche più comprensibile, di settori dell’opinione pubblica mobilitati contro la destra, la cui vaghezza programmatica e i cui riferimenti sociali vengono insieme occultati e travisati. 
I mondi, come le galassie, e le tante reti che nel collasso delle culture politiche repubblicane sono state tirate fuori in questi anni, barattano metafore per idee.


Di più sodo qui c’è solo l’indicazione che dopo, dopo i forum e dopo l’apertura, verrà il tempo della conferenza programmatica. Se il Pd intende arrivarci mescolando così alla buona ambientalismo à la Greta Thunberg, l’antisalvinismo delle sardine e una generica considerazione intorno alla diseguaglianza sociale c’è ben poco da sperare. Intanto colpisce nell’intervista di Repubblica ai nuovi dirigenti del Pd la totale assenza di qualsivoglia riferimento a camorra e mafia, al sistema corruttivo e alla molte collusioni della politica meridionale, tanto più sorprendenti se si pensa al profilo professionale del dottor Mancuso. Non sarà certo perché al Sud il Pd è stato in questo quarto di secolo parte integrante del sistema politico clientelare della società meridionale con il suo elevato tasso di integrazione criminale.
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Il Mattino