L'opposizione distinta ​dalla realtà dei fatti

L'opposizione distinta dalla realtà dei fatti
La polemica politica che piega ogni affermazione dell’avversario in una interpretazione malevola è presente, purtroppo, nella storia di tutte le competizioni fra i...

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La polemica politica che piega ogni affermazione dell’avversario in una interpretazione malevola è presente, purtroppo, nella storia di tutte le competizioni fra i partiti. Tuttavia se si evita di esagerare non è male e ci guadagna l’equilibrio del sistema a vantaggio di tutti i cittadini. Viene di proporre questa banale constatazione osservando il livello di strumentalizzazione presente negli attacchi di una quota maggioritaria dell’opposizione alle azioni del governo. La critica è ovviamente il sale della democrazia.

La riduzione di ogni confronto ai soli schemi del buono e del cattivo non giova alla produzione di decisioni migliori. Prendiamo il caso delle polemiche sull’aumento ingiustificato del prezzo della benzina oppure quelle che riguardano un presunto disegno di abolire le intercettazioni come strumento di indagine. Può non stupire che ci sia chi ama usare l’arma impropria delle leggende metropolitane, preoccupa se diventa un fenomeno diffuso, perché impedisce analisi, anche critiche, su quanto veramente è in discussione (e nella nostra tradizione di dialettica politica c’è davvero di meglio).

Parlando della sospensione dello sconto sulle accise dei carburanti si capisce che non di aumenti si è trattato, ma di ritorno ad una normalità, certo discutibile, della tassazione in quel settore. Essa era stata fermata in un momento di impennata dei prezzi (la benzina che andava oltre i 2 euro al litro) con la rinuncia del governo Draghi ad una quota di introiti fiscali: opportuna e doverosa in un momento difficile, ma certo costosa per il bilancio pubblico, che per permettersela ha dovuto rinunciare ad intervenire in altri campi. Quando si è visto che tornando al regime fiscale consueto il prezzo della benzina sarebbe comunque rimasto a livelli in precedenza già accettati senza troppi traumi (1,80 euro circa al litro) si è ritenuto che non avesse senso sottrarre all’erario risorse che possono essere dedicate ad altri scopi di tutela sociale.

Si può certo osservare che comunque l’apparente aumento della benzina abbia fornito un alibi a tutti quanti hanno voluto alzare i prezzi giustificandosi presso i consumatori con la crescita del costo dei trasporti e con la crisi economica. È stato un fatto non positivo, ma non dipende veramente dal ritorno del prezzo dei carburanti ai livelli di periodi precedenti perché allora non c’era stato un incremento ingiustificato dell’inflazione in vari settori.

Il caso delle polemiche sulle intercettazioni è altrettanto emblematico. Le critiche verso questo mezzo investigativo non hanno riguardato il mezzo in sé e in senso assoluto, ma due aspetti del suo utilizzo che non dovrebbero trovare opposizione. Il primo è l’impiego delle intercettazioni non solo in qualunque tipo di indagine, ma anche come mezzo per iniziare un’indagine sulla base di semplici sospetti, a volte addirittura di pregiudizi e insinuazioni. Il secondo è la mancanza di tutele nella divulgazione di quanto si viene a conoscere attraverso le intercettazioni, troppo spesso notizie di scarsissimo o di nessun rilievo penale. Sono materiali che vengono divulgati per compiacere alle voglie dello scandalismo di varia natura e i guai che così si combinano sono noti e a volte molto pesanti. Normare l’uso di uno strumento investigativo importante, ma anche estremamente delicato, non fosse altro perché tocca la tutela della sfera della comunicazione (diritto costituzionalmente tutelato come ha ricordato il ministro Nordio), dovrebbe essere doveroso. Lo Stato disciplina per esempio con rigore l’utilizzo della forza fisica o delle armi nell’azione contro il crimine e questo viene giustamente considerato caratteristico dei regimi di civiltà giuridica. Non si vede per quale ragione non dovrebbe valere lo stesso criterio cautelare per l’uso di un altro strumento che a suo modo è esercizio di una forma di forza/violenza come sono le intercettazioni.

In entrambi i casi che abbiamo citato è possibile che qualcuno cerchi di utilizzare a suo vantaggio gli interventi che sono stati fatti o che sono in programma abusandone. È accaduto in un senso quando non si erano prese opportune cautele, può accadere in senso contrario ora che si vorrebbero impedire le forme di abuso del passato.

Bisogna contrastare i tentativi di ridurre il confronto politico ad uno scontro fra gli angeli e i demoni. Ciò nuoce gravemente alla possibilità di costruire non un vago “volemose bene” ma una solidarietà di sistema pur fondata su una dialettica fra posizioni diverse, ma non incapaci di confronto costruttivo.

I motivi per richiamare all’esigenza di questo approccio ci sono: non solo per far fronte alla non facile congiuntura presente, ma anche per trarre profitto dalle opportunità che ci si presenteranno in futuro. Giova per esempio attirare l’attenzione sulle opportunità che si apriranno quando, speriamo presto, ma comunque prima o poi, inizierà il processo di ricostruzione dell’Ucraina. Come si ricordava ieri su queste colonne, in quel contesto l’Italia è in grado di intervenire in maniera efficace perché ha competenze e caratteristiche nel suo sistema industriale che la pongono in una posizione privilegiata assieme alla Germania. Può intervenire non solo con presenze nella ricostruzione di un territorio distrutto dalla barbarica guerra di Putin, ma anche con la collocazione in quei contesti di unità produttive che servano all’espansione sia della capacità di lavoro degli ucraini, sia della nostra presenza sui mercati internazionali.

Se però non riusciamo a presentarci come un sistema solidale, capace di mantenere la sua coesione senza essere vittima di alcune demagogie politico-populiste, unito nella scelta che è stata fatta non senza tensioni di schierarsi dalla parte della nazione ucraina assieme ai nostri alleati occidentali, non sarà semplice essere accolti come partner privilegiati nella grande impresa della ricostruzione post bellica di quel Paese.

È un qualcosa che non andrà a vantaggio di una sola parte politica, quella attualmente al governo essendosi imposta in una libera competizione elettorale, ma di tutti, perché si tratta di un’impresa che durerà molti anni e le cui ricadute si esplicheranno nel tempo, il che significa che andranno a vantaggio del libero gioco della competizione democratica chiunque in essa prevalga di volta in volta.

 


 

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Il Mattino