Posillipo, vista mare per 24 euro al mese

Posillipo, vista mare per 24 euro al mese
Affittasi Via Posillipo, media quadratura in stabile di pregio nella zona di piazza Salvatore di Giacomo. Canone mensile 11 euro e sessantuno centesimi, intrattabili. Non cedete...

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Affittasi Via Posillipo, media quadratura in stabile di pregio nella zona di piazza Salvatore di Giacomo. Canone mensile 11 euro e sessantuno centesimi, intrattabili. Non cedete alla tentazione di andare a rileggere, avete visto bene. C’è una casa a Posillipo che viene ceduta in fitto per poco più di undici euro, ma si tratta di una casa piccolina.


ppena 61 metri quadri con affaccio all’interno. Se, invece, pensate a qualcosa di più ampio e di maggior prestigio, con balconi che s’affacciano direttamente sul mare, sul Vesuvio, su Capri, beh allora il prezzo sale: 127 metri quadri costano la bellezza di 24 euro e 51 centesimi.
Ma c’è di più, dell’altro, tanto altro. Anzi, poco, molto poco, dipende dai punti di vista: 53 euro al mese per accaparrarsi 135 metri quadri in un palazzo storico di via Toledo; 24 euro per affittare 80 metri quadri in via Palizzi al Vomero; 71 euro per una casa che si trova di fianco al museo Filangieri e affaccia sulla chiesa di San Giorgio Maggiore. A proposito, molti degli inquilini di queste abitazioni hanno solo «contratti verbali», e non chiedeteci di sapere cosa significa, probabilmente una roba del tipo «stringiamoci la mano e siamo d’accordo, non c’è bisogno di firmare documenti tanto ci vogliamo bene». A proposito, sapete chi è il «padrone di casa» di tutti questi appartamenti? Il Comune di Napoli, cioè tutti noi.
Adesso, per piacere, resistete alla tentazione di pensare tutto il male possibile dell’Amministrazione in carica. Sappiate che proprio l’assessorato al Patrimonio ha messo nero su bianco i numeri che avete letto e che vi hanno fatto saltare sulla sedia. Il Comune li analizzerà uno per uno, assieme a tanti altri che man mano vengono fuori dagli incartamenti, e cercherà di capire come, e perché, a Napoli esistono case in luoghi di prestigio che negli ultimi vent’anni sono state affittate a un canone così ridicolo. Ma il giro d’orizzonte, ovviamente, non si fermerà solo agli affittuari «privati», la caccia si allargherà (si è già allargata) ai locali ceduti in fitto a partiti politici, circoli, associazioni politiche o culturali che per legge devono versare la metà del canone previsto: il fatto è che, troppo spesso, non pagano nemmeno quella metà prevista. Per adesso nel mirino ci sono circa sessanta strutture, equamente divise fra proprietari privati e associazioni, ma sappiate che si tratta di una piccola goccia nel mare del patrimonio del Comune che ammonta a circa 24mila abitazioni di cui solo 1.500 non rientrano nella cosiddetta Edilizia Residenziale Pubblica (che tradotto dal burocratese significa palazzoni dormitorio in periferia). E anche se volessimo isolare i soli 1.500 locali considerati di pregio, comunque quelle sessanta proprietà che sono finite nel mirino, rappresenterebbero una percentuale minima. Però vera, reale e anche un po’ irritante per noi persone comuni.

A via Palizzi c’è una intera palazzina di proprietà del Comune, la riconoscete subito perché si trova di fianco alla fermata della funicolare, dettaglio che conferisce ulteriore valore all’immobile collegato con una linea diretta al centro del Vomero e anche alla metropolitana. Due piani, quattro appartamenti tutti sui novanta metri quadri: è qui che c’è una casa in fitto a 24 euro ma non è possibile visitarla perché al citofono non risponde nessuno e la porta d’ingresso è serrata da due giganteschi lucchetti: «Non ci vive nessuno da anni», dice la signora Antonietta che, invece, lì dentro ci abita ed è terrorizzata all’idea che possano sfrattarla: è stata già operata di tumore e sta vivendo l’incubo della ricaduta. La signora, però, paga 200 euro al mese anche se un po’ di tempo fa c’è stato qualche problema con i pagamenti e adesso ha un piccolo debito da saldare con il Comune. Lei è uno di quegli inquilini che, secondo Palazzo San Giacomo, ha un «contratto verbale». Forse può spiegare cosa significa: «Ma io tengo una montagna di carte, tantissimi bollettini e lettere. Non so nemmeno che cos’è questo contratto verbale». Donna Antonietta è tesa, preoccupata, scoppia in lacrime. Dopo averla consolata è meglio uscire dalla casa che è piùttosto malridotta, così come l’intero palazzetto che potrebbe essere un gioiello e invece è un piccolo campionario degli orrori.
Via Adriano, terra di confine fra Soccavo e il Rione Traiano. Qui, al numero 78 c’è un locale, fronte strada, che il Comune ha assegnato diciotto anni fa ad Alleanza Nazionale e che oggi è sovrastato da una grande insegna con il simbolo di Ncd, il Nuovo Centro Destra: qui nessuno paga da anni, accade la stessa cosa per decine di altre sedi di circoli e partiti dell’intero arco costituzionale come la sede tempo fa affidata al circolo «Pasolini» di Rifondazione Comunista.

Di via Adriano, però, s’è lungamente parlato ieri mattina in consiglio comunale durante il question time. L’Assessore Fucito, su richiesta specifica, ha dovuto recuperare tutta la «storia» dell’assegnazione di questi locali. Proviamo a ricapitolarla prendendo stralci della risposta ufficiale, ma siate ben attenti che è un po’ complessa: «Nel ‘98 il consigliere comunale Diodato chiede l’assegnazione di quei locali in nome e per conto di An. Quello stesso anno il segretario provinciale di An, Schifone, chiede al Comune che quei locali vengano affidati solo ed esclusivamente al signor Leonardo Totaro. Avviene così fino a quando un decreto sindacale, sempre nel ‘98 toglie quei locali a Totaro e li riaffida a Diodato il quale chiede al Comune di consegnarli nelle mani di Aniello Nappi. In questi diciotto anni, nonostante molte richieste, nessuno s’è mai presentato per la firma ufficiale di un contratto». Sicchè la laconica conclusione dell’assessore è la seguente: «Al febbraio 2016 risulta che siano stati accumulati debiti per canone di locazione non pagati, ammontanti a circa 105.288 euro». 
Via Posillipo, la pioggerellina del pomeriggio non cancella il fascino della strada. Qualche metro più giù di piazza Salvatore Di Giacomo, esattamente di fianco all’ex deposito della Anm ci sono due palazzine deliziose. Ovviamente sono di proprietà del Comune e sono abitate da persone che versano canoni clamorosamente variabili dagli undici ai seicento euro: «Il peso dei nostri pagamenti è stato commisurato allo stato di necessità di ogni famiglia», spiegano dal palazzo che è già finito nel mirino di stampa e tv qualche mese fa per una analoga vicenda. Il lato dell’edificio che affaccia direttamente su Via Posillipo riesce anche a inquadrare un po’ di panorama, e il palazzo esternamente è anche ben messo. L’interno è decisamente più degradato, così come gran parte delle abitazioni private nelle quali difficilmente vengono effettuati lavori straordinari: così quelle case che si trovano in un luogo meraviglioso e che potrebbero essere dei gioielli, sono semplicemente composte da stanze un po’ malandate.

Su via Toledo affaccia palazzo Cavalcanti. Il primo piano di ottocento metri quadri è stato ceduto gratuitamente alle società di produzione che girano le serie tv «Gomorra» e «I bastardi di Pizzofalcone», pare che il regalo rientri in un accordo fra Comune e case di produzione che permetterà, ad esempio, a Palazzo San Giacomo di ritrovarsi in qualità di co-produttore per il serial scaturito dai libri di Maurizio De Giovanni. Il secondo piano è di proprietà del teatro San Carlo ma i due appartamenti versano in uno stato di totale abbandono. All’ultimo piano, invece, ci sono gli inquilini del Comune: il fitto per una casa da 135 metri quadri costa 53 euro e 7 centesimi. Se, invece, la casa misura trenta metri in meno (107), il canone cresce in maniera esponenziale e arriva a superare i cinquecento euro al mese. Misteri degli accordi tra Amministrazione e cittadini; misteri insondabili, per adesso, anche se l’assessorato promette chiarezza in tempi rapidi.
A Via Duomo, invece, c’è un palazzo che è la rappresentazione fisica del caos che stiamo cercando di raccontare. Potrebbe essere un monumento, da fotografare: antico, piazzato di fianco alla chiesa di San Severo al Pendino e di fronte a San Giorgio Maggiore. Due portoni più avanti c’è il palazzo del quindicesimo secolo che custodisce il Museo Filangieri. Nell’androne, sulla destra, è conservata una antica colonna, reperto della storia dell’edificio. Cosa c’è di male in tutto questo? Penserete voi lettori.

Il fatto è che quel palazzo antico e glorioso è avvolto dal degrado più totale. Dei venti appartamenti, ne risultano ceduti in fitto solo sei: nessuno si è accorto che gli altri quattordici sono stati occupati abusivamente. Anzi, forse qualcuno se n’è accorto perché al palazzo è stata staccata la corrente elettrica. Quando scende la notte le scale si salgono solo con l’aiuto della luce del cellulare e le targhette sulle porte restano nascoste nel buio finché non vai a sbatterci con il naso. Una volta qui dentro c’era anche una scuola. Da quando gli alunni sono stati destinati altrove, l’edificio è stato abbandonato dal proprietario, il Comune. Niente corrente elettrica per le scale, ascensore fermo da decenni e arrugginito. Le persone si sono adattate: ognuno ha una lampadina fuori della porta, con interruttore dall’interno, così almeno quando arrivano figli e amici, avvisano e fanno accendere.

In tutto l’edificio solo un fortunato ha stipulato un contratto considerato valido. In tanti hanno il famoso «accordo verbale». A dire la verità un contratto l’hanno firmato, negli anni ‘70 del secolo scorso, con gli Ospedali Riuniti che erano a quei tempi proprietari del palazzo. Poi è calato il silenzio. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino