La rivoluzione che glissa ​sul caos rifiuti

La rivoluzione che glissa sul caos rifiuti
Quella verde del PNRR è proprio una rivoluzione e, in quanto tale, va presa con le pinze, perché, come tutte le rivoluzioni, è visionaria e si stacca da una...

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Quella verde del PNRR è proprio una rivoluzione e, in quanto tale, va presa con le pinze, perché, come tutte le rivoluzioni, è visionaria e si stacca da una realtà fatta di bollette che famiglie e imprese devono pagare a fine mese. Fra le 6 missioni, quella con più risorse, 70 miliardi di euro, è la «Rivoluzione verde e transizione ecologica». Al suo interno, quasi 6 miliardi sono per le rinnovabili innovative, come il fotovoltaico su impalcature sopra campi coltivati, o sopra i laghi, o la produzione elettrica dalle onde del mare.

Paradossale è il fatto che si diano soldi per fare energia elettrica dal moto ondoso, soluzione ancora troppo costosa, mentre l’Italia non riesce a fare nemmeno qualche piccolo parco in mare di pale eoliche. Si tratta di rinnovabili innovative, su cui si cerca di puntare perché quelle solite, il fotovoltaico a terra e le pale eoliche sulle colline, non si riescono più a fare. Per questo si punta giustamente ad una delle tante riforme, quella di rendere più spediti i processi di autorizzazione. Tuttavia, gli italiani hanno un crescente astio nei confronti dei pannelli e delle pale eoliche, anche perché, da noi, il territorio è ad alta densità abitativa, ha sempre una vocazione turistica o agricola e, soprattutto, non è così esteso come in Germania o Francia. 

La fetta più importante della missione, quasi 14 miliardi di €, è quella del famoso ecobonus del 110%, che permetterà di continuare ad elargire soldi per fare efficienza energetica degli edifici. Qua di innovativo non c’è nulla, perché è da 40 anni che facciamo politiche per l’efficienza energetica negli edifici, con enormi difficoltà nel misurarne i risultati, il che favorisce roboanti stime di potenzialità. Un problema recente del 110%, oltre alla burocrazia pesante, è che i soldi finiscono poco ai condomini e molto a chi ha una casa propria, spesso una villa al mare, dove è facile fare il cappotto e i pannelli fotovoltaici sul tetto. La gran parte degli italiani vive in condomini, spesso popolari, dove di fare i cappotti non ci si pensa proprio, sia per questioni di soldi che per complessità del processo. E’ un vecchio difetto, un po’ nascosto, delle politiche verdi, ovvero che dietro c’è una ridistribuzione di reddito, nella forma di incentivo dato categorie di cittadini, quelli con la propria casa, di solito in condizioni agiate, che è finanziato con le bollette pagate da tutti, anche da quelli, che sono tanti, con basso reddito. È lo stesso di quanto accaduto più di recente con l’auto elettrica, che solo i ricchi si possono permettere, perché costano il doppio di quelle normali e perché loro hanno casa e garage proprio dove ricaricare. 

Nel Piano non poteva mancare l’idrogeno, a cui vengono destinati oltre 3 miliardi di euro da distribuire ad iniziative sperimentali e fra queste si intravede quella dell’Ilva di Taranto, dove questa sarà l’ennesima soluzione miracolosa che non ridarà però quella competitività che urgentemente serve all’impianto e ai 20 mila addetti che ci lavorano. 

2 miliardi riguardano interventi a sostegno di filiere nazionali nell’industria di pannelli, batterie e dispositivi per l’idrogeno. A costo di essere impietosi, va ricordato che oggi paghiamo in bolletta 10 miliardi di € all’anno per incentivi alle fonti rinnovabili per pagare impianti che sono stati fatti in Cina, paese che ha da anni una consolidata leadership mondiale, impossibile da scalfire, perché ha economie di scala, paga poco gli operai e le normative ambientali non esistono. 

Il Piano dà enfasi all’economia circolare, ma si guarda bene dal ricordare che per risolvere il problema dei rifiuti nel Sud Italia servono almeno tre termovalorizzatori, inceneritori, del tipo di quello di Acerra, o di quelli che ci sono in tutte le regioni d’Europa. Molte risorse vanno al dissesto idrogeologico, ma non si parla dei laghi artificiali, indispensabili per fare da accumuli alle fonti rinnovabili quando c’è molto vento e molto sole. 

Seppur scremato rispetto alle prime ipotesi, il Piano destina molti soldi ad iniziative rivoluzionarie che soddisfano le aspettative delle élite verdi, ma che non hanno effetti nel migliore la competitività delle nostre imprese e nell’aumentare la capacità di spesa delle nostre famiglie. Loro, invece, da decenni soffrono i prezzi alti dell’energia elettrica che crescono per finanziare una transizione che spesso soffoca la crescita, come quando trasferisce risorse alla Cina, o che crea ingiustizie sociali, come nel caso dei pannelli e delle auto elettriche. Troppo facile essere d’accordo sulle rivoluzioni verdi senza guardare ai loro costi nascosti. 

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Il Mattino